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Vengono dal mare

di Carmelina Sicari C'è un curioso dibattito in quest'ultima ora in cui lo spettatore impotente cerca di orientarsi per trarne, per dirla con il Manzoni, qualche sugo. Ed è se c'è pericolo dal mare, se gli eventuali aggressori vengano dall'interno delle aree metropolitane o dal mare, giacchè dal mare vengono i profughi che bisogna accogliere e accudire. Io provengo da una civiltà millenaria marinara e noi sappiamo che tutto viene dal mare. I greci riconoscendo la loro condizione dopo un viaggio interminabile nel cuore dell'Asia, all'apparire delle coste, gridarono ad una sola voce 'Thalatta, thalatta'. Noi ci riconosciamo nel rischio che vivere sulle coste comporta. La mia stessa generazione riconosce due elementi che le vengono dalla memoria collettiva, il maremoto del 1908, e le agili barche turchesche che venivano immediatamente riconosciute nelle loro scorribande sulle coste, tanto che ancora resta il grido: Mamma, li turchi. Vengono dal mare.

Oltre il quotidiano

di   Gaetanina Sicari Ruffo A Reggio Calabria, la condizione civile ristagna e non ci sono fermenti vitali d'impegno, espressioni di una volontà di rinascita e di una riproposizione in termini di rilancio occupazionale e culturale. Cosa succede allora? Si riscoprono alternative che finora erano sottaciute: le società esoteriche che evidentemente convogliano il malcontento individuale per la cosa pubblica e avviano verso altre direttive. Una fra tutte sta registrando un boom di iscrizioni: il centro Helios della Fraternità Universale in città, un ramo della scuola Raynaud de la Ferrière , che si ispira alla teoria teosofica occidentale, non orientale: questo la distingue da altri indirizzi similari. Qualche richiamo storico non guasta. Serge Raymond de la Ferrière, nato a Parigi nel 1875 e morto a Nizza nel 1962, reggente dell'Ordine di Aquarius, lascia l'Europa nel 1947 e si trasferisce nel Venuezela. A Caracas crea la Grande fraternità Universale (GFU) con il pri

Calabresi illustri. Oggi, 18 febbraio 2015, ricorre il centenario della morte di #CostantinoArlìa

Cento anni fa, il 18 febbraio 1915, a Firenze, all'età di 86 anni, moriva Costantino Arlìa, illustre filologo calabrese. Era stato magistrato e poi funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia. Ma aveva dedicato gran parte della sua vita allo studio della lingua italiana. Una passione forte ed una competenza filologica e lessicografica, che lo avevano portato a diventare accademico della Crusca. Nato ad Aiello Calabro (Cs) nell'agosto 1828, si forma al seminario di Tropea. Dopo un periodo da autodidatta, prosegue gli studi a Napoli dove si laurea in giurisprudenza. Iniziata nel 1861 la carriera in magistratura come Procuratore del Re presso il Tribunale di Ivrea, passa come funzionario al Ministero di Grazia e Giustizia, prima a Torino, e poi a Roma. Dimessosi per motivi di salute dall’incarico ministeriale, si trasferisce agli inizi del 1891, a Firenze, dove trascorre la parte finale della vita, insieme alla moglie. Di lui si parla nell'Enciclopedia Italiana Tr