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Ecce homo. Maurizio Ferraris docente di Filosofia all'Università di Torino torna a parlare di Nietzsche e del periodo torinese del filosofo

di Carmelina Sicari - Direttrice di Calabria Sconosciuta L'ho provato, ho provato l'ineffabile sensazione di comprendere dinanzi ad un'immagine. Di comprendere il senso del titolo nietzscheano Ecce homo e l'immagine era quella del Cristo alla colonna. Ineffabile dicevo. La gioia di avere compreso fino in fondo il senso che il filosofo voleva comunicarci. La fine dell'uomo, il suo crollo in una barbarie sanguinolenta, più violenta di quella dei tempi andati della fionda e dell'attacco delle belve. Mi trovavo ad Acireale per il carnevale, uno dei più celebri in terra di Sicilia. Non so come capitai in una chiesa e lì l'incontro con il busto del Cristo. Il suo volto coperto di sangue era l'icona della sofferenza. Ma c'era qualcosa di più di una semplice visualizzazione del dolore. C'era la denuncia dei persecutori, della loro ferocia, del progetto sadico per eccellenza di voler togliere dignità a chi era in loro balia. Tutto questo denunci