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S. Francesco da Paola

di Carmelica Sicari - Direttrice della Rivista "Calabria Sconosciuta"

Il 27 marzo del 1416 nasceva S. Francesco di Paola, il santo calabrese ed europeo, come suona la recente biografia di Giuseppe Caridi per la Salerno.
Seicento anni or sono e si infittisce il mistero sulla sua realtà storica. Non che si dubiti della sua esistenza fisica, ma dei miracoli sì, della sua agiografia insomma, della linea iconografica e taumaturgica tradizionali. 
Ad esempio, il celebre miracolo dell'attraversamento dello stretto sul mantello tra l'infuriare dei marosi è stato espunto dalle biografie ufficiali. 
Non c'è documentazione adeguata. 
È uno dei miracoli più strepitosi insieme all'attitudine del Santo di toccare il fuoco senza bruciarsi, di resuscitare i morti, di far sanguinare le monete frutto di estorsione ai poveri e così via. Un'attitudine taumaturgica che colloca il Santo al pari del poverello d'Assisi e di S. Antonio da Padova. 
Il santo viene collocato tra gli umili ed i potenti perché l'ultima parte della sua vita la trascorse in Francia dove viene chiamato perché provvisto di spirito profetico e perché guarisca il re francese Luigi XI. Ma questo non significa che S. Francesco possa essere considerato amico dei potenti come degli umili perché la sua condizione di eremita lo poneva accanto ai poveri, agli oppressi, agli emarginati di ogni genere. 
Nella società, specie meridionale, questo ruolo assumevano gli eremiti, i fraticelli che abitavano nelle grotte e che si ergevano con insolito ed improbabile coraggio contro i potenti in difesa del popolo. 
Nella canzone di Aspromonte uno di questi va a sfidare Almonte e gli invasori.
Nella biografia di S. Francesco questo ruolo viene assegnato al Santo nel miracolo delle monete. 
Il Santo davanti a re Ferrante d'Aragona spezza le monete che provengono dal tributo del popolo e da esse sgorga sangue vivo.
Esiste dunque una questione su San Francesco e sulla storiografia che lo riguarda?
È un problema di metodo. 
Se si guarda alle fonti storiche esse scarseggiano, se si guarda alla tradizione popolare, le prove dei suoi miracoli sono abbondanti anzi sovrabbondanti. C'è una prova viva per così dire. Non si spiegherebbe la devozione dei calabresi per il santo che considera suo protettore senza la grande fama popolare che la sostiene.
Ma esaminiamo più da vicino la questione. S. Francesco è un eremita dicevamo seguace di una tradizione antichissima. 
Nel bios di S. Elia iuniore viene descritto con drammaticità estrema l'eccidio compiuto dai saraceni a Taormina. Sempre a fianco dei poveri e delle vittime dei potenti, i monaci. 
Non c'è un bios di S. Francesco ma c'è una vera e propria legenda come quella sorta intorno a S. Francesco di Assisi, la legenda aurea. 
Ci sono le storie milazzesi. 
La storia dell'impiccato che Francesco richiama in vita e che entra nel suo ordine. La storia del pozzo dell'acqua che diviene potabile. La storia dell'immagine impressa sulla porta di Candida sua seguace. 
Una fioritura come nei Fioretti di S. Francesco. 
Questa fioritura di storie viene continuata nell'opera ottocentesca di Nicola Misasi che consacra definitivamente la vicenda di S. Francesco come emblematica della Calabria. Francesco è il ribelle e rappresenta il cuore ed il carattere del calabrese così come Telesio ne rappresenta l'intelletto. 
Visione prettamente romantica ma molto suggestiva. 
Il ciclo francese è anche quello dei potenti. 
Costretto dal papa Sisto IV ad andare in Francia presso Luigi XI, egli incontra nel lungo viaggio Ferrante d'Aragona, il papa stesso oltre al re di Francia che non guarisce e resta legato da una promessa fatta al re a Tours fino alla sua morte. 
Ma sia il viaggio che la sua dimora in Francia sono costellati da guarigioni e prodigi. 
Francesco è anche dotato di profezia. La più grande è quella del gran monarca che ricorda da vicino Gioacchino da Fiore. 
In effetti, se la leggenda della sua vita ricorda Francesco di Assisi e Antonio da Padova che lottava contro Ezzelino da Romano e compieva analoghi prodigi, lo spirito profetico ricorda quello dell'abate da Fiore come lui fondatore di un ordine nuovo, i Florensi. 
Probabilmente la spinta decisiva verso la Francia fu dovuta all'impegno del papa di riconoscere la regola e l'istituzione dell'Ordine dei Minimi fortemente voluto dal santo che in tal modo intendeva contribuire alla riforma della Chiesa. 
Nella sua adolescenza il pellegrinaggio a Roma lo aveva spinto al desiderio di riforma soprattutto nella direzione della povertà. 
I minimi non devono aver denaro. E la fondazione dei conventi a Corigliano, a Paola, in Sicilia, a Genova, a Roma e poi a Praga in Europa segna il passaggio dalla vita eremitica a quella cenobitica. 
L'ultimo degli eremiti è S. Francesco da Paola. 
La povertà come assunto della regola lo lega al movimento francescano del poverello di Assisi. Secondo la tradizione l'altro polo della regola Charitas gli viene dettato da un Angelo. Eremita e riformatore sempre umile ha spiegato in un altro miracolo il fondamento dei prodigi, la fede. 
Un giovane affetto da una piaga inguaribile si reca da lui che raccoglie un'erba e gli dice di fare un impacco sulla ferita. 
Il giovane scettico esclama che ha usato infiniti decotti e medicine inutilmente ed il Santo spiega che non è l'erba ma la fede a compiere il prodigio. 
La biografia del Russo insiste su questo aspetto cogliendo la sua carica riformista attraverso l'ordine dei minimi da lui impressa nella storia. 
Da ribelle a riformatore dunque ma sempre interprete dello spirito di trasformazione interiore.
La regola fu approvata nel 1506 un anno prima della morte del Santo nel 1507, da Giulio II. 
Venne santificato appena dodici anni dopo la morte tanto grande è la sua fama. Il suo corpo bruciato dagli Ugonotti nel 1583 durante le guerre di religione in Francia ha fatto registrare un altro miracolo. 
Il fuoco suscitato dai profanatori continuava a spegnersi e solo quando essi fecero bruciare una croce si mantenne vivo.

Il testo è stato già pubblicato su "Calabria Sconosciuta" nn. 149/150 di gennaio-giugno 2016, pag. 18.

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