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La diatriba sulla chiesetta di Cleto. Il Consiglio di Stato annulla l’esproprio del comune, che però annuncia l’avvio di un nuovo procedimento per “restituire alla cittadinanza un bene inestimabile per valore storico e religioso”


CLETO, CS - Avevamo lasciato, mesi fa, la questione riguardante la proprietà contesa della chiesetta del Santissimo Rosario di Cleto, pendente al Consiglio di Stato, il quale ora si è espresso, come aveva già fatto il Tar Calabria, per l’annullamento dell'esproprio da parte del comune. Dunque, il bene di grande valenza storica ritorna all'artista olandese Roel Van Hoolwerff che l’aveva acquistato dalla parrocchia di S. Maria Assunta per 10 mila euro. Come si ricorderà, la compravendita era stata perfezionata tra giugno e ottobre del 2015, in un periodo in cui l’Ente municipale era commissariato. Da allora, la singolare diatriba non si è mai placata. Soprattutto perché sulla chiesetta era attivo in parte un finanziamento di 300 mila euro (ora revocato), i cui lavori erano stati appaltati prima che l’ex luogo di culto venisse venduto. E anche perché il Comune di Cleto non aveva potuto esercitare il diritto di prelazione, così come prescrive il codice dei beni culturali, dato che la comunicazione di compravendita era giunta all’Ente dopo la scadenza dei termini utili.
Tornando alla recente sentenza del Consiglio di Stato, c'è da dire che il massimo organo di giustizia amministrativa, si è soltanto limitato agli aspetti formali, evidenziando che le procedure avviate dal comune non erano state comunicate al proprietario nei tempi e nei modi giusti e pertanto andavano annullate.
Ed ora, quale sarà il destino della chiesetta? Diventerà, dopo i necessari interventi di restauro da parte dell’attuale proprietario, un centro d’arte internazionale, come prospettato alla comunità in un incontro pubblico di qualche mese fa? Tutto è possibile, ma poco probabile, poiché l’Amministrazione Longo ha la ferma intenzione di rifare, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la procedura di dichiarazione di pubblica utilità dell'ex bene religioso per poi richiedere nuovamente il finanziamento regionale perduto, destinato non solo alla messa in sicurezza della chiesa, ma anche alle aree di accesso al castello normanno. Gli errori formali e procedurali, che pure ci sono stati, come si capisce da una dichiarazione dell'Ente a commento del pronunciamento del CdS, sono stati indotti dall'urgenza di azione. "L'Amministrazione insediatasi il 24.06.2016 - spiegano gli amministratori comunali - avrebbe dovuto completare la procedura espropriativa e spendere i trecentomila euro entro il 31.12.2016, un tempo brevissimo per assolvere a tutti gli adempimenti burocratici. Resta il rammarico perché il comune Cleto - aggiungono - ha perso trecentomila euro e non ha potuto completare i lavori di sistemazione esterna che avrebbero reso agibile e fruibile il Castello Normanno".
Abbastanza prevedibili le prossime azioni. "La decisione del Consiglio di Stato su un aspetto procedurale e non di merito – chiarisce una nota per dissipare i dubbi -, non preclude all'Amministrazione la possibilità di rifare l'esproprio, per continuare a perseguire l'obiettivo di restituire alla cittadinanza un bene inestimabile per valore storico e religioso".
Vedremo quali saranno le mosse e le contromosse e se l'eventuale, quanto quasi certo nuovo esproprio, determinerà altre dispute legali. L’auspicio è che l’edificio del Santissimo Rosario, oramai immagine nota che porta Cleto nel Mondo perché sulla copertina di un fortunato romanzo storico, possa avere la forza e la pazienza di restare in piedi ed attendere finalmente le cure necessarie.

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