Si consuma
sotto gli occhi di tutti una duplice drammatica crisi, quella della
società di massa che diviene uno dei pericoli più drammatici per la
democrazie occidentali e l'altra non meno drammatica della società
aperta.
Penso, non
senza commozione, al testo fondamentale per la mia generazione de
La società aperta ed i suoi nemici di
Popper. Lì era rappresentata con orgoglio la società aperta ed i i
cui nemici erano i cosiddetti pensatori forti: Platone e gli altri
tra cui Marx con i loro modelli chiusi.
La
società di massa vista profeticamente da Ortega y Gasset agli inizi
del Novecento, era poi quella da cui era nato il nazismo. Una società
che da carne divorava lo scheletro. Immagine suggestiva ed efficace
quanto mai attuale.
Perché?
Perché sono entrate in crisi entrambe le civiltà come si vede alle
ultime elezioni americane? Perché la politica degradata a mero
arricchimento si è inserita nel vasto movimento della
globalizzazione che avrebbe avuto necessità ed urgenza di una
filosofia all'altezza della situazione. Perché un'economia sempre
più ridotta a finanza ha creato disuguaglianze abissali come bene
ha detto il filosofo francese Picchetti. La crisi dei grandi sistemi
preconizzava quello che in un lontano testo il sociologo Vacca
definiva Il medioevo prossimo. Chi
ha interpretato la deformità della politica ridotta a mero profitto
ha vinto. Ma da qui ad avere la soluzione dell'attuale gigantesco
impasse ne corre. Il disastro ambientale sempre più connesso con le
politiche distruttive pur di ottenere il profitto, le gigantesche
migrazioni di popoli in cerca di benessere ad ogni costo, tipiche
delle età di transizione e del Medioevo appunto, lo dimostrano.
Occorre un
nuovo modello di sviluppo, occorre prima della catastrofe definitiva
una nuova filosofia, occorre una nuova economia. Una terza età. Mi
sento commossa nell'evidente concordanza di questa necessità con la
profezia del calabrese Gioacchino da Fiore e con un altro pensatore
pur esso calabrese, Campanella, in cui politica e pedagogia
coincidono. Tutto porta in questa direzione. La globalizzazione non
presuppone chiusura ma apertura totale ad un pensiero rinnovato, non
il ritorno al Medioevo ma il balzo verso una nuova era in cui, come
diceva Nietzsche, il filosofo dell'oltreuomo, l'uomo a venire riderà
del se stesso di ora, come l'uomo di ora ha riso del suo antenato
scimmiesco.
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