Umberto Eco 1984 (Courtesy of Wikipedia) |
di Carmelina Sicari - direttrice di Calabria Sconosciuta
La scomparsa di Umberto Eco porta con sé un altro rimpianto, quello della scomparsa di
Giorgio Manganelli avvenuta nel 1990. Maestri, entrambi, di stile, di
linguaggio. Una generazione diversa da quella della filologia e dello
storicismo critico.
Le lezioni ad Urbino di
Umberto Eco che ho frequentato negli anni ottanta, cominciarono con
un singolare episodio, uno scontro con un allievo e non era neppure
il primo.
- In tutto il mondo,
sentenziò Umberto Eco, quasi all'improvviso ed all'inizio della
lezione, trovo imbecilli. L'imbecille in questione era uno di
noi che si era sentito piccato dall'incipit della lezione. Umberto
Eco aveva disegnato sulla lavagna, due pupazzi designati uno con A e
l'altro con B. Da una nuvoletta, come nei fumetti, A diceva: - Se
avessi cento milioni... e B da un'altra nuvoletta rispondeva: -
Ma non ce l'hai. Domanda del professore: - Come vi sembra B? E
siccome nessuno rispondeva, il professore concludeva: - è un
imbecille. A questo punto l'allievo piccato intervenne dicendo: -
Professore imbecille è lei. Ed Eco: - In tutto il mondo ho
trovato difensori imbecilli dell'imbecille B. Fine della lezione
perché alle proteste dell'allievo il professore si ritirò.
Ma io avevo capito il
principio della comunicazione. L'imbecille B anziché entrare nel
registro di A si era dato a sostenere il suo realismo sancendo
l'incomunicabilità. Il principio proposto e rifiutato era
l'incomunicabilità. Ognuno chiuso nel proprio prototipo linguistico
nella incipiente società di massa.
Giorgio Manganelli era
maestro di ironia e di sarcasmo, giocava con le parole ricavandone
registri inopinati, orizzonti straordinari funambolici e musicali.
Le parole servono alla comunicazione e al gioco sottile delle
allusioni. Sono, come dice lo stesso Manganelli, agglomerati verbali
e fonici. Il lessico era straordinario e ricchissimo di sinonimi,
carico di suggestioni inimitabili.
Ora entrambi sono giunti
agli Dei ulteriori come suona il titolo di un testo di
Manganelli appunto del 1963 pubblicato da Einaudi. Giacché nel piano
della narrativa l'uno, Manganelli, aveva un'indubbia propensione
funeraria o come diceva lui stesso ilarotragica, Hilarotragedia
è un'opera del '67. L'altro, Eco, era per la sofisticata biblioteca
di Babele, di memoria borgesiana, repertorio di immortalità. Maestri
e grandi entrambi. Avevano portato nella critica nozioni davvero
innovative. Lector in fabula, in Eco nel '70 con l'idea che
l'opera è aperta e viene integrata dall'interpretazione del
lettore, parte attiva nel testo e Manganelli con l'idea della
letteratura come menzogna per cui il testo è costante camuffamento
delle esperienze della vita stessa dell'autore che vi si nasconde ed
annida. La letteratura come menzogna è stata pubblicata da
Feltrinelli nel 1967. Come si vede, le esperienze dei due autori sono
quasi parallele.
Per Manganelli l'eroe per
eccellenza è Pinocchio inventore fallito di mille avventure e
promotore altrettanto fallito di se stesso. Manganelli aveva così
scoperto di poter riscrivere la storia di Pinocchio, un libro
parallelo che è del 1977. Un'altra innovazione letteraria
ardita e inedita.
Eco ha scritto un romanzo
prodigio, bestseller Il nome della rosa, nel 1980, in cui la
biblioteca, la sua passione, veniva montata e rimontata come
un'opera di ingegneria.Vista dall'esterno rivelava il suo segreto che
invece era custodito all''interno da un autentico labirinto.
Manganelli non ha mai
scritto un romanzo ma Centuria, del 1979 i brevi racconti
numerati uno, due fino a cento con i personaggi che costituiscono una
centuria, potrebbe essere tale. Non è senza significato il fatto che
proprio Centuria fu proposto per il Nobel della letteratura mai
assegnato come d'altra parte fu per Eco. Nella sua prosa erratica ed
effervescente tutta metafore e sinonimi a Manganelli interessava il
linguaggio ma così per altri aspetti ad Eco. Ed entrambi credevano
nella letteratura come forma suprema di civiltà.
Ma c'è un altro punto di
contatto: il passato, il medioevo per Eco, il mondo classico per
Manganelli. Non solo c'è Centuria ma il sannita e Cassio,
Cassio che governa a Cipro. La storia insomma. La memoria specie
storica dice Eco è vita ed anima. Senza di essa non c'è né l'una
né l'altra.
E se avessimo perso
entrambi e ci muovessimo già come ombre dispersi tra gli dei degli inferi?
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