di Carmelina Sicari – Direttrice
Calabria Sconosciuta
"Tutti pupi". Così proclamava
indicando i primi posti a teatro, sporgendosi dal palcoscenico,
l'indimenticabile Salvo Randone per Il Berretto a sonagli di
Pirandello ed in effetti così era, almeno secondo la tremenda
pupazzata dello scrittore siciliano, premio Nobel nel '36 per la
letteratura.
In maniera straordinaria
a Reggio Calabria rinasce l'opera dei pupi il 6 e il 18 febbraio ad
opera del gruppo teatrale guidato da Antonia Festini che opera ormai
da un decennio all'Accademia del tempo libero. Viene rappresentata
una riduzione in dialetto della Canzone di gesta Aspromonte. La
riduzione in dialetto è opera di Domenico Pietropaolo e vi sono
affiancate le musiche del coro diretto da Maurizio Bascià ed
addirittura nella scena del matrimonio di Gallicella, appare la
tarantella, il ballo popolare. Rinasce perché per quanto minoritaria
rispetto a quella siciliana, l'opera dei pupi aveva in città una sua
nobile e prolungata tradizione. Si narra, ed il racconto ha ormai
attraversato più generazioni, che in città operasse un puparo
celebre, Don Natale, che enfatizzava le imprese del nobile conte
Orlando attribuendogli mille o più nemici caduti sotto la sua spada,
la magica Durlindana. Il pubblico, quando annunciava l'eccidio,
interferiva con grandi risate e gli suggeriva di 'calare', di
abbassare il numero dei morti. Cala, don Natale, era divenuto poi
quasi uno slogan usato soprattutto nel sermo familiaris, nel dire
comune, quando l'interlocutore esagerava un tantino. Ma questo per
dire la resistenza di una tradizione da noi forte che costituiva un
elemento importante di identità così come la scelta del dialetto
risponde ad un discorso popolare, alla necessità di avvicinare al
popolo la tradizione dell'epopea di origine francese ,alta e sublime,
per renderne partecipe il popolo. Popolare è anche la costruzione
dell'opera dei pupi che in Sicilia ha trovato veri e propri non solo
cultori ma sacerdoti quasi, nei Cuticchio ed in Antonio Pasqualino a
cui si deve anche una storia dei pupi. L'elemento simbolico della
grande pupazzata di Pirandello non viene perduto ma sta in secondo
piano rispetto alla tradizione, alla storia locale. L'uomo si scopre
eterodiretto ed è una tragedia. È come, dice Luigi Pirandello, se
la tela sul capo della marionetta che sta recitando, si spaccasse e
quella scoprendo il cielo di carta capisce di essere una marionetta.
Ma c'è un elemento molto importante nella edizione di oggi in
dialetto di Aspromonte, l'epopea normanna sorta a Sud. Riguarda
appunto il rifacimento. Da quando da I reali di Francia e
precisamente dal libro VII di Andrea da Barberino alla fine del 1300,
furono tratte le storie di Aspromonte, infiniti furono i rifacimenti
dell'opera fino al poemetto in ottave del '400 vero antenato del
Furioso e fino al '600 con Ludovico Dolce. Ariosto nei confronti di
questa tradizione si propone come facevano gli antichi cantastorie
come continuatore. Attribuisce la Durlindana di Orlando ad Almonte da
Orlando strappata al nemico proprio in Aspromonte, riprende la storia
della donna guerriera, Gallicella, e degli amori tra nemici proprio
dal poemetto ed addirittura fa risalire la casa estense ai due
gemelli figli di Gallicella, Ruggiero e Bradamante. Ma dicevamo dal
1600 non c'erano stati più rifacimenti perchè la vittoria cristiana
del 1571 di Lepamto aveva quasi cancellato il rischio delgli infedeli
che invadevano le coste della cristianità. Ricompare ora un
rifacimento. Dei tre elementi l'elemento simbolico esaltato da
Pirandello, la tradizione dell'opera dei pupi. Il rifacimento aveva
segnato una notevole discontinuità. Perchè nei continui rifacimenti
era implicita un'idea, un progetto pedagogico-politico dell'unità
dell'Europa necessaria per far da barriera al nemico invasore. E
insieme l'idea della formazione giovanile ad ideali vetusti ma
fondanti l'identità e la virtus, il valore, l'idea della difesa
della patria intesa come suolo, come territorio, unità fisica e
morale, e l'altra del cristianesimo.
Che segno è questa
inopinata apparizione dei rifacimenti dell'Aspromonte? Solo culturale
o contiene in embrione quasi una profezia?
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