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#GiornataDelDialetto 2016. Le iniziative dell'Unpli


Fonte Adnkrnos - In Italia si parlano tra i 6mila e gli 8mila dialetti, quasi uno per ogni Comune, ma sono le lingue locali di 2.800 borghi piccolissimi quelle più a rischio: lo spopolamento demografico si sta portando via un autentico patrimonio culturale. E' un vero e proprio allarme quello lanciato dall'Unione nazionale delle Pro loco d'Italia (Unpli) che proprio il 17 gennaio celebra la IV edizione della Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali, ideata insieme a Legautonomie Lazio, per sensibilizzare i comuni italiani alla salvaguardia e alla valorizzazione delle lingue locali.
"Ci sono 2.800 borghi più piccoli - afferma all'Adnkronos il presidente dell'Unpli Claudio Nardocci - che rischiano lo spopolamento, anche culturale. E' un vero campanello di allarme per tutto quel patrimonio culturale definito immateriale e dell'umanità dall'Unesco. Un patrimonio che un tempo veniva tramandato oralmente, da nonni ai figli ai nipoti, e che oggi non si trasmette più e che si perde ogni volta che un anziano se ne va". "C'è un patrimonio culturale enorme, legato anche alla biodiversità, che sta scomparendo molto velocemente perché tutto si omogenizza e si cerca di uniformare", continua Nardocci.
"Si parla di 6mila-8mila lingue locali presenti in Italia, quasi una per ogni Comune", prosegue il presidente dell'Unpli secondo il quale, riguardo al numero di persone che parlano il dialetto, "lo scenario è particolare perché ci sono piccoli borghi dove un dialetto viene parlato solo da qualche persona o poche decine". La Giornata nazionale del 17 gennaio servirà proprio a ricordare l'importanza delle lingue locali e la salvaguardia di un tesoro a rischio. Tutte le Pro loco vengono invitate a organizzare anche solo un evento piccolo che ricordi però l'importanza delle lingue locali. In centinaia di località italiane verranno organizzate manifestazioni, come letture di poesie in dialetto, spettacoli di cabaret, commedie, raccolte e presentazione di libri e fumetti, giornate informative e conferenze.
Accanto alle numerose iniziative c'è poi il Premio letterario nazionale 'Salva la tua lingua locale': i vincitori della terza edizione saranno premiati il 22 gennaio 2016 a partire dalle ore 9,30 presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma. Intanto su YouTube l'Unpli ha lanciato già da tempo una sezione 'Memoria Immateriale' per suggellare in un 'inventario' digitale, creato grazie alle Pro loco e alle comunità locali, non solo i dialetti ma anche testimonianze di tradizioni, saperi, artigianato, riti e feste.
E' BOOM DI CORSI ANCHE A SCUOLA - Dal genovese al romanesco fino al napoletano. Da Nord a Sud sono tante le associazioni ma anche i singoli appassionati che organizzano corsi di dialetto perché non si perda la conoscenza della lingua locale. Lezioni che prendono piede anche nelle scuole.
"A Genova - racconta all'Adnkronos Franco Bampi, presidente dell'associazione 'A Compagna' - organizziamo da 12 anni il corso gratuito di genovese 'Leze e scrive in Zeneize' in collaborazione con i municipi della città. Giovedì, alla prima lezione del 2016, c'erano ben 179 partecipanti, in percentuale elevatissima pensionati e anziani che a quell'ora sono liberi, ma anche una trentina di giovani tra i 25 e i 30 anni". Un interesse crescente legato anche alla paura e alla sensazione che si sta perdendo, giorno dopo giorno, un autentico "bene immateriale". E per arrivare anche ai più piccoli, l'associazione promuove lezioni negli asili e nelle elementari. "Mandiamo dei 'nonni', persone capaci di parlare il genovese, che per quattro mattine al mese sono a disposizione della maestra. Le attività - afferma Bampi - vengono concordate con l'insegnante: si parla il genovese, si parla delle tradizioni genovesi, ad esempio si fa vedere come si prepara il pesto".
A Napoli alla scuola media statale Viale delle Acacie, tra le attività di ampliamento curricolare, è stato lanciato il corso ''Napulitanamente' per approfondire la lingua e la cultura napoletana. Ancora, a Roma si parla romanesco tra i banchi di una scuola media nella zona di Quarto Miglio, in collaborazione con l'Accademia romanesca. "Facciamo tre corsi - spiega il presidente dell'Accademia, Maurizio Marcelli - uno interno ai soci dell'accademia con incontri settimanali con poeti ed aspiranti tali sulla tecnica poetica, un altro alla biblioteca Pasolini sulla poesia dialettale e uno sul dialetto, per un'ora a settimana, in due sezioni di una scuola media".
Con gli alunni si parla della nascita del dialetto, dell'etimologia della parola in romanesco, si analizza la documentazione poetica fino ad arrivare a vere e proprie composizioni in dialetto. "Il corso - racconta Marcelli - finirà con un mini concorso di poesia interna e con una premiazione. Per i ragazzi è una sorpresa scoprire la lingua che parlano, i vari modi di dire, il cambiamento di significato di certe parole". Per avvicinare sempre più gente alla lingua locale vengono anche organizzati spettacoli in dialetto.


Aggiunta della Redazione
Qui di seguito, in occasione della giornata del dialetto 2016, riportiamo il link al blog del dialetto aiellese (dialettoaiellese.blogspot.it), e alcune note .

Prefazione
di Bruno Pino 
Esistono, in ogni dialetto, parole sepolte sotto strati e strati di oblio. Ogni generazione di parlanti dialettofoni se ne lascia alle spalle una quantità importante. Chi, per esempio, tra i giovani e giovanissimi lettori di questo libro conosce termini come picuozzu, ‘ndirillu, cannacca o coffa, o ancora verbi come camardare e ‘mpurrare? Probabilmente nessuno o quasi; e pure i più anziani, per esigenze comunicative ed omologandosi al linguaggio delle generazioni successive, ne hanno attenuato o addirittura rimosso l’uso. Sono lessemi che appartengono alla nostra storia e che oramai, salvo qualche rara eccezione, più nessuno adopera nel linguaggio quotidiano.
Grazie al paziente e puntuale lavoro di scavo, di ricerca che gli Autori hanno portato avanti con passione e dedizione, pagina dopo pagina, potremo riacquisire una parte significativa del nostro patrimonio lessicale ed etnografico. “Poca”, o se volete, dunque, scorrendo le pagine del libro di Gaetano Coccimiglio e Pietro Pucci, entrambi cultori del dialetto locale - geometra e funzionario del Corpo Forestale in pensione, il primo, oltre che poeta vernacolare di particolare acume; già brillante docente di matematica e mio professore al Liceo, il secondo - si potranno ritrovare, con piacevole sorpresa, parecchie parole che credevamo perdute per sempre, e molte altre invece che ancora fanno parte dell’attuale bagaglio dialettale paesano; o vecchi “ditteri” della cultura contadina, appartenenti a campi lessicali “sorpassati” dalla contemporaneità.
Il corposo volume è organizzato in due parti. La prima dedicata al lessico (A-M e N-Z) in cui i termini compaiono in ordine alfabetico, corredati da esempi d’uso in dialetto, arricchiti con citazioni di poesie, proverbi, canzoni, ecc., con traduzione in italiano e spesso con la provenienza etimologica; l’altra, invece, raccoglie proverbi suddivisi per argomento (l’amicizia, amore, i parienti, gli animali, condizioni atmosferiche, il denaro, la morte, a luci rosse, la salute, la fortuna, il vino); e modi di dire.
In definitiva, un libro-baule, questo di Coccimiglio e Pucci, dove cercare il senno perduto della nostra società smemorata, che ogni Aiellese dovrebbe tenere, non in soffitta, ma sempre a portata di mano. Per sé e per i propri figli.

Breve nota sul dialetto aiellese
Il territorio di Aiello Calabro – a circa 45 km a sud-ovest di Cosenza - si situa al confine tra la Calabria cosentina e quella catanzarese. Tenendo conto della suddivisione della Calabria linguistica di J. Trumper e M. Maddalon, composta da cinque gruppi dialettali, l’area in esame è inserita nel gruppo due, ed è parte dell’isoglossa Falerna-Isola Capo Rizzuto, che divide appunto il gruppo due dal gruppo tre. 
L’area dialettale, che risulta essere una zona di “transizione”, in base alle isoglosse riguardanti il vocalismo tonico, appartiene all’area cosentina in cui è presente una situazione di compromesso fra il vocalismo tonico siciliano e quello napoletano. Si differenzia, invece, dall’area cosentina in base alle isoglosse che riguardano il consonantismo. Per esempio, notiamo nel cosentino i fenomeni di assimilazione di mb>mm e nd>nn, e di cacuminalizzazione di ll>ddr, che nell’area aiellese non vengono attestati. Ancora, notiamo nel cosentino la sonorizzazione delle occlusive sorde p-t-k, che nell’aiellese vengono pronunciate come sorde e con una leggera aspirazione, ma del resto questo è un fenomeno pancalabro. È evidente però che la differenziazione fra i vari dialetti non può basarsi solo sulle isoglosse fonetiche, ma bisognerà considerare le sostanziali differenze lessicali, morfologiche, grammaticali e semantiche.
Tuttavia, per una analisi scientifica del dialetto calabrese, ed aiellese in particolare, si rimanda - oltre a quella classica del tedesco Gerhard Rolfhs - all’Atlante linguistico etnografico della Calabria realizzato, con il contributo del Comune di Aiello Calabro e dell’Istituto Comprensivo locale, a cura del Laboratorio di Fonetica dell’Unical (giugno 2004). Nella ricerca, coordinata dal dialettologo J. Trumper, è presente una sezione dedicata al nostro paese in cui si esamina fonetica, lessico (relativamente al “ciclo del baco da seta”), e toponomastica. (b.p.)

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"Oje è dduminica, tagliamu 'a capu a Mminicu
Minicu nun cc'è 'a tagliamu allu rre,
u rre è mmalatu, 'a tagliamu alli surdati,
i surdati su jjuti alla guerra... e sbattimu 'u culu 'nterra".

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"Me 'mpiesu na duminica matina, pigliu la zappa e baju a simminare... 
'ncuontru na cerza carrica de pira, stiendu la manu e benenu vajane, 
vaju alla gghjiesa ppe mmi cce adurare, i santi me su furgati a muzzicuni, 
vaju allu liettu ppe mmi cce curcare, cce truovu 'ncullurati li cursuna; 
vaju allu fuocu ppe mmi cce scarfare... u gattu me pisciave lli tizzuni!"
(Filastrocca popolare calabra)
ovvero una sorta di nostrana legge di Murphy

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