di Carmelina Sicari
La grande guerra è
davvero finita? L'interrogativo appare in un articolo di Guido
Ceronetti e corre anche nel suo ultimo libro “Tragico tascabile”
apparso per Adelphi e la cui caratteristica anche nel titolo è
l'equivalenza tra grande guerra e tragedia. C'è continuità tra la
prima e la seconda guerra mondiale e questo già era stato indicato
da più parti ma che anche la prospettata terza guerra mondiale, se
già in atto come indica papa Bergoglio o ancora da venire, sia pur
essa in continuità rispetto alle altre due, è una faccenda del
tutto nuova.
Ceronetti è scrittore
funerario, barocco e funerario poiché anche la morte è come per i
poeti e gli scultori barocchi spettacolo. È scrittore
simile-dissimile rispetto a Manganelli che amava anche lui lo
spettacolo della morte o come D'Annunzio che scrisse una pagina
tremenda sulla decimazione sui soldati di Catanzaro che si erano
ammutinati, sul loro volto nella polvere.
La grande guerra è
dunque il trionfo della morte con i milioni di cadaveri sparsi nelle
trincee in Europa e con la vocazione alla morte di Cadorna che
mandava i soldati a morire o altrimenti li condannava alla
fucilazione per combattere il disfattismo.
La prima guerra mondiale
si disse servì alla modernizzazione, alla mescolanza delle
generazioni ed alla consapevolezza. Si disse che il sentimento di
amor patrio che non era emerso in altri momenti riappare nella
grande guerra e così da noi il sentimento dell'unità. Elementi per
così dire a favore di contro allo spettacolo sterminato dei morti
che neppure Bosch, il grande pittore fiammingo, riuscì ad esprimere
nei suoi trionfi della morte. Durer che rappresentò il compagno che
segue il cavaliere, lo scheletro con la falce che lo accompagna,
forse ha espresso al suo livello sublime, il tema dell'apocalisse. La
morte ha reso arida la terra così come dice con estrema efficacia
Ungaretti. Come la pietra del Carso, i superstiti sono come la pietra
levigata o come il porto sepolto, la terra del Carso è rossa rossa
come il sangue. La morte a livello di
pietrificazione e di polverizzazione come ha espresso Leopardi, nella
“Ginestra”. Forse il canto della morte più alto e tragico, più
ancora del coro dei morti in “Dialogo di Federico Ruysch e delle
sue mummie”, nelle “Operette morali”.
Ed ora la morte impazza
con maggiore, se possibile, crudeltà. Pioggia di teste tagliate,
pioggia di morti paradossalmente immersi nella sabbia che avevano
immaginato luogo di vacanza. Tutto sembra continuare. Che abbia
ragione Ceronetti? Ed anche le cause sono uguali. Il revanchismo
della Germania nella grande guerra, il revanchismo della Germania
soffocata dall'immane debito di guerra nella seconda e così via...
Ceronetti dice lugubre che si chiama grande la guerra per questo suo
non finire mai. Forse le celebrazioni sono contaminate dallo stesso
sentimento di fine. Ma dobbiamo staccarci dalla contemplazione della
morte per la vita.
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