di
Carmelina Sicari
Se
rovesciamo la prospettiva allora siamo davanti con stupore ad un
accadimento. Parlo del Sud in genere considerato soggetto di pietà,
dimora dei malheureux dei disgraziati per sorte, per ventura, per
scelta.
Se
rovesciamo questa prospettiva pietosa, di commiserazione, deprimente,
depressiva, siamo davanti non solo ad un Sud solare che nella visione
di Rousseau è il luogo dove ebbe origine il linguaggio, ma anche un
luogo che custodisce il segreto della crisi attuale.
Sembra
impossibile ma è così: Il segreto ha un nome, l'uomo.
Per
molto tempo ho lottato e resistito all'incitamento del prof.
Piromalli, meridionalista e indubbio maestro che però sosteneva che
il Sud era affetto da epigonismo, da un ritardo acuto, l'umanesimo
appunto la dottrina che rendeva orgogliosi gli studiosi e gli eruditi
e che però nella trionfante modernità appariva per l'appunto un
ritardo.
Affidarsi
alle glorie del passato non è insania. Non è insania quel ribrezzo
verso l'industrializzazione, non è ritardo colpevole l'idea che il
vero progresso stia nelle mura diroccate oltre che dalla vetustà dai
terremoti?
Vedo
le mira e gli arche ma la gloria non vedo diceva il poeta.
Eppure
insistente è nella storia della Calabria un'idea soteriologica,
quella che animava non solo Gioacchino da Fiore a parlare di una
terza età di riscatto
e
non solo Campanella che per essa sopportò trent'anni di carcere
nella fossa di S. Elmo.
Un'idea
salvifica che spinge stranamente eruditi ad ipotizzare in Calabria la
nascita dell'Odissea, o il luogo dove i naufraghi di Atlantide con i
loro tesori di sapienza spinsero le loro orme.
La
stessa idea che ebbe Repaci quando in una sorta di profezia parlò
del giorno della Calabria.
L'umanesimo
è la formula necessaria per la rifondazione, l'epopea della
grandezza possibile dell'uomo di cui necessita il pianeta in un
momento così grave quale mai la storia millenaria ha conosciuto.
Il
segreto è stato custodito gelosamente per secoli ma è ora lampante,
luminoso, fiammeggiante dinanzi ai nostri occhi.
Accade
dunque che quello che un tempo consideravamo retro assuma un
carattere di grande innovazione: l'umanesimo.
Ma
che significa?
Certo
non intendiamo l'umanesimo come erudizione, come filologia come
mera
esaltazione del passato. Ma un nuovo umanesimo una visione dell'uomo
all'altezza delle tremende situazioni che l'evoluzione propone oggi.
L'uomo
nuovo deve essere in grado di conciliare culture diverse ma non
opposte nei principi fondamentali, riuscire a rifondare un nuono
concetto di natura ed un nuovo concetto di patria. È insieme un uomo
cosmico e in possesso della coscienza individuale.
Conosce
i fini umani e li applica nel territorio in cui vive che nello stesso
tempo è collegato con gli altri territori.
Un compito immane ma possibile da raggiungere la cui profezia è in certo senso espressa dai Bronzi linguaggio esplicito emerso dal mare.
Un compito immane ma possibile da raggiungere la cui profezia è in certo senso espressa dai Bronzi linguaggio esplicito emerso dal mare.
Commenti
Posta un commento