Gaetanina Sicari Ruffo (tratto da
Calabria Sconosciuta 139-140, luglio-dicembre 2013)
Sono passati dieci
lunghi anni senza il Prof. Antonio Piromalli, apprezzatissimo collaboratore
della presente rivista, già fondata all'epoca dal compianto primo
direttore dott. Giuseppe Polimeni.
Egli aveva seguito con
i suoi incoraggiamenti ed i suoi scritti il tortuoso percorso d'elaborazione
per più d'un ventennio, fin dal 1978, ed i suoi contributi furono pubblicati
fino a qualche anno prima della scomparsa. Originario dalla Calabria (Maropati
1920 - Polistena 2003) ha sempre rafforzato il suo legame con essa, nonostante
fosse per lunghi periodi fuori, impegnato nell'insegnamento della Letteratura
italiana prima all'Università di Urbino e Bologna, poi nelle Università di Udine, Salerno, Cassino, medaglia d'oro nel
1989 dei Benemeriti della Scuola, della Cultura, dell'Arte anche per i molti
importanti incarichi ministeriali che assunse per la promozione della Scuola.
Ma quando ritornava
nella terra che aveva nel cuore, seguiva da vicino gli eventi culturali,
promuovendo incontri ad alto livello ed incoraggiando manifestazioni.
È stato un vero
maestro, se per tale s'intende non solo chi invita a gustare il pane della
propria sapienza, ma anche chi è fraternamente vicino e interpreta le attese
nel segno d'una umanità che si fa previdente. Egli ha infatti tracciato nuove
strade nel solco della cultura meridionale, dando loro visibilità, non solo con
le sue due grandi opere: Letteratura calabrese (Rubbettino, Cosenza
1965) e Letteratura e Cultura popolare (Firenze,1983) ad indicare un percorso originale e moderno, molto
ricercato dalle giovani generazioni, ma pure con i tanti saggi che hanno messo
in luce figure di autori fino a quel momento ignorati e pure validissimi.
Intendo riferirmi ai poeti Lorenzo Calogero, Nicola Giunta, Alba Florio,
Ermelinda Oliva, Emilio Argiroffi di cui scrisse pagine illuminanti per gli
sviluppi della loro carriera. Egli stesso fu poeta fin dalla prima giovinezza e
si annoverano, dopo il 1945, ben sette sue raccolte di versi. L'ampia
conoscenza filologica inoltre gli ha consentito di approfondire aspetti del
linguaggio, soprattutto il dialetto, per lungo tempo considerato dai critici di
scarsa dignità. Così lavorò a lusinghieri saggi su E. Alvaro, Donnu Pantu, V. Ammirà,
N. Giunta, rivelando la loro impronta originale e il fervido rapporto con il
luogo ed il tempo con i quali erano venuti a contatto. Cogliendo ed apprezzando
il filo rosso della Rivista “Calabria Sconosciuta”, intercorrente tra élite e
popolo, si soffermò spesso e volentieri, in vari numeri, a spiegare il
carattere della cultura contadina oltre alla pregnanza del dialetto, il senso
di certi riti, il valore di alcun celebrazioni, insomma il multiforme volto
della società in evoluzione.
Fu proprio la sua
critica illuminata a chiarire la profonda influenza degli autori italiani di
fine secolo sulla cultura contemporanea, specie calabrese, per non parlare
della sua ultima fatica di far conoscere il suo conterraneo scrittore Fortunato
Seminara al grande pubblico.
Ne ha
istituito la Fondazione e dopo aver riedito Le baracche, nel 1990, ha
dato alle stampe i romanzi postumi: L'Arca (1997), La dittatura (2002),
Il viaggio (2003). Si trovava a Polistena proprio per presentare
quest'ultimo libro, quando fu colto dal malore che gli fu fatale. Il compianto
fu unanime e profondo. La Calabria perdeva con lui non solo un grande
intellettuale, noto nei luoghi più ricercati del dibattito nazionale, ma anche
un figlio memore e fedele che aveva voluto onorarla sempre. Seminara infatti
rappresentò ai suoi occhi la Calabria stessa ch'egli aveva imparato a conoscere
ed a frequentare fin dall'inizio della sua vita, quel mondo raccolto ed
appartato che aveva un profilo familiare anche se non sempre felice, fin dalla
pubblicazione, appunto nel 1942, de Le baracche, voluta da Leo Longanesi
per Einaudi. S'era assunto il compito di valorizzare i migliori talenti della
sua gente e di sfatare l'ingiusto pregiudizio che non esistono al sud energie
creative degne d'attenzione e capaci di rinnovamento. Il suo messaggio non può
essere disconosciuto ed ignorato, ne siamo certi.
Qui il link ad un articolo sul poeta Francesco Della Valle, sul quale il prof. Piromalli tenne ad Aiello Calabro (Cs) una interessantissima conferenza nel settembre del 2002.
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