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Calabresi Illustri. Costantino Arlìa, magistrato di professione e filologo per passione


Qui di seguito, un articolo su Costantino Arlìa, già pubblicato su Calabria Sconosciuta nel numero 133 di gennaio-marzo 2012.


CALABRESI ILLUSTRI. 
Costantino Arlìa, magistrato di professione e filologo per passione. Tra le pubblicazioni più note del linguista di origini calabresi, il “Lessico dell’infima e corrotta italianità”.

Nella vita aveva esercitato la professione di magistrato prima, e in seguito di funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia. Il suo maggiore interesse, tuttavia, fu per la lingua italiana. La profonda passione, e la competenza filologica e lessicografica acquisita, nonché le numerose pubblicazioni a tema, fecero di Costantino Arlìa un autorevole linguista, tanto da essere chiamato a far parte dell’Accademia della Crusca. Si deve a lui, tanto per fare un esempio, l’introduzione nel 1902 di un termine di grande fortuna come “pubblicità” al posto del francese “recláme”.
Sebbene alcune fonti riportino luogo e data di nascita diversi1, i registri anagrafici di Aiello parlano chiaro, come peraltro già evidenziato dagli studi dello storico Rocco Liberti2. Dagli archivi parrocchiali e comunali dell'epoca, infatti, si evince che il Nostro, registrato inizialmente con il nome di Costantino Adriano3, nacque il 23 agosto 1828 e fu battezzato il 24 dalla levatrice Grazia Casanova che lo aveva trovato nei pressi di una frazione di Ajello Calabro (Cs). Il trovatello fu poi riconosciuto legalmente dal padre naturale, il "cerusico" Bonaventura Arlìa di Amantea, solo nel 18364.
La sua formazione scolastica inizia nel seminario di Tropea, nella cui Diocesi erano compresi all’epoca sia Aiello che Amantea. Secondo quanto ci hanno riferito dall’Archivio storico diocesano di Tropea, non esiste più alcuna documentazione relativa ai seminaristi per il 1800, essendo andata perduta negli anni ’50 del secolo scorso. Pertanto, possiamo solo supporre che il periodo di studio dell’Arlìa presso l’istituzione religiosa, che sappiamo essere stato di tre anni5, sia circoscrivibile, anno più, anno meno, al 1839-42.
In seguito, e dopo un periodo di studio da autodidatta, l’Arlìa si trasferirà a Napoli, dove si laurea in Giurisprudenza6.
È il 1861 quando inizia la carriera in magistratura come Procuratore del Re presso il Tribunale di Ivrea. Da qui andrà a Torino come capo sezione al Ministero di Grazia e Giustizia; e poi a Roma. Nel 1890 si dimette per motivi di salute dall’incarico ministeriale di direttore della seconda divisione e subito dopo, è il febbraio 1891, si trasferirà a Firenze, assieme alla compagna Giuseppina Massaglia. Con quest’ultima si sposerà nella città del Giglio, ormai avanti con gli anni, il 4 febbraio 19067.
Nel capoluogo toscano, Costantino Arlìa passa a miglior vita nella sua casa di via S. Gallo 81, per una emorragia cerebrale, il 18 febbraio del 19158
«L'ultimo periodo della sua lunga vita (morì a 86 anni) – si legge nel necrologio pubblicato sul «Giornale storico della letteratura italiana» (anno LXVI, secondo semestre 1915, pag. 308 - Loescher Torino) – venne funestato dalla cecità, ma egli sopportò con stoicismo la sua sventura, consolando le tenebre da cui era avvolto con le luci sempre vivide della memoria e dell'intelletto»9
Fu, il Nostro, secondo l’anonimo estensore, «editore e annotatore amoroso e sagace», sebbene non «un letterato di professione, ma ciò non tolse che egli amasse e studiasse le lettere nostre con vera e instancabile passione»10.
Le pubblicazioni. Tra le sue opere possiamo menzionare: il noto Lessico dell'Infima e corrotta italianità, pubblicato a Milano per la prima volta nel 1877 (altre edizioni sono del 1881, 1890 e 1898) per i tipi della Casa Edizioni Paolo Carrara; Del linguaggio degli artigiani fiorentini del 1876; Giunte al Lessico dell’infima e corrotta italianità del 1884 e 1896 (Carrara editore, Milano); Filologia spicciola (Firenze, 1889); Note filologiche, 1891-1892; il Dizionario bibliografico, pubblicato a Milano fra i manuali Hoepli nel 1892, che è una raccolta di locuzioni e voci del linguaggio bibliografico; Voci e maniere di lingua viva (Milano, 1895); Il parlare degli artigiani fiorentini, Milano, 1896; Ruscelleide di Vincenzo Borghini, Note raccolte da Costantino Arlia, 1898; Passatempi filologici (Novelle e bozzetti), Roma, Albrighi e Segati, 1903; Storia d'un libro, Treviso, 1904. I suoi studi filologici comprendono anche testi di Machiavelli, del Capperone, Borghini, Cecchi, Curzio da Marignola, Malatesti ecc.
Pubblicò, oltre ad alcune novelle, pure diverse raccolte di versi, originali e traduzioni. Ecco alcuni titoli: Sonetto, in raccolta Per le nozze di Domenico De Palco e Teresina Nobile, Napoli, Stab. Tip. Di G. Nobile, 1854; Canti calabresi, Il passatempo, 15 novembre e 1 dic. 1864 (canti d’amore con versione italiana); Rose e viole (Canti e leggende popolari di varie nazioni, raccolte e tradotte), Tip. G. Favale e Comp., 1865; La novella di Geta e Birria riprodotta da un’antica, Bologna, Romagnoli, 1879; Le nozze del Diavolo: novella di G. B. Fagiuoli, Bologna 1886; La via dello infame aretino, Editore S. Lapi, Città di Castello, a cura di C. Arlìa. Ecc. 
Tra le altre pubblicazioni, la prima versione italiana, per i tipi di Giuseppe Marghieri, della Storia del Diritto Romano di Gustavo Hugo, edita a Napoli nel 185611. Del 1859, sempre per Marghieri, è la traduzione della Storia dei progressi del dritto delle genti in Europa e in America dalla pace di Westfalia fino ai giorni nostri con una introduzione sui progressi del diritto delle genti in Europa prima della pace di Westfalia di Henry Wheaton cui segue nel 1860 la traduzione di un’altra opera del medesimo autore, gli Elementi di diritto internazionale. Nel 1861 vede la luce Le Convenzioni d'estradizione tra il Regno d'Italia e gli Stati stranieri, edita a Torino.
Molti suoi manoscritti, per quanto prima di morire avesse predisposto che fossero bruciati, si trovano nell’Istituto Lombardo dell’Accademia di Scienze e Lettere, alla Biblioteca Marucelliana di Firenze, dove è custodito il carteggio Arlia (908 lettere comprese tra il 1871 e il 1905), acquisito nel 1915 per acquisto dalla libreria Lumachi, e diverse lettere di Chiaro Chiari e di Pietro Fanfani, donate nel 1936 alla biblioteca. Altre lettere, come il carteggio Bongi, sono all’Archivio di Stato di Lucca12; mentre all’archivio storico della Crusca è conservata tutta la documentazione prodotta dallo studioso.
Una gran mole documentale ancora da esaminare, dunque, assieme alle altre notizie biografiche ancora incomplete e da verificare, che aspettano di essere oggetto di ulteriori studi.
La fortuna del “Lessico”. «Non poche volte gli stranieri hanno mosso accusa agli Italiani, o che non sanno la propria lingua, o che essa è poverissima, o che, infine, eglino non hanno Vocabolarj ben fatti, perché sì ne’ loro scritti, come nel parlare, usano voci e maniere di dire, o che non sono registrate ne’ Vocabolarj, o, se sono, hanno altro senso, ovvero appartengono ad altre lingue. L’accusa, o volere o non volere, dobbiamo confessarlo, è fondata, e non occorre dimostrazione; imperocché basta aprire un libro qualunque, o dare un’occhiata ad un giornale, per vederlo seminato (lasciando stare lo stile) di voci improprie, di barbarismi, di voci straniere scusse scusse, piantate lì, neppure italianizzate nella desinenza, anzi, perché facciano bella mostra, poste anche in carattere corsivo! (…)».
Il brano fa parte della prefazione alla prima edizione del Lessico dell’infima e corrotta italianità compilato da Pietro Fanfani13 e Costantino Arlìa, per i tipi dell’editore Paolo Carrara di Milano, ripresa nella seconda edizione della primavera 1881. La prima edizione, del 1877, andò a ruba, «senza stamburate di amici, senza raccomandazioni di protettori, e tanto meno senza incoraggiamenti uffiziali, anzi!»14.
Come si apprende dall’Arlìa, la purezza linguistica fu tra le sue più vive preoccupazioni e passioni. Tanto che, come riferisce la voce a lui dedicata nel Dizionario Biografico degli Italiani ad opera di Luigi Lerro, il Carducci lo definì “puntiglioso linguaiolo”, una definizione che il poeta aveva già usato anche per il Fanfani15
L’opera di Fanfani e Arlìa, nella prefazione all’edizione del 1877, indica con chiarezza l’intento che li ha mossi nella compilazione dell’opera. Per i due filologi, la purezza della lingua è da salvaguardare16. Solo in rare eccezioni si possono accogliere nuove parole straniere. Per esempio solo «quando con la cosa nuova ci viene la voce che l’addita, e nella nostra non ce n’è una che le faccia riscontro, o che al popolo non riesce di crearla o formarla; accolgasi pure la voce o la frase di altra lingua, modificandola secondo l’indole della nostra; ma se invece nella nostra abbiamo la voce per l’appunto alla straniera corrispondente, o se il popolo crea la voce, ovvero se trasforma la straniera e l’adatta in modo corrispondente alla natura della propria lingua, perché mai, questa disprezzando, abboccare ed ostinatamente usare la straniera, e ripeterla con la straniera pronunzia, e farne pompa!».
In buona sostanza, Fanfani e il Nostro, si scelgono il ruolo di “consiglieri”, e non già di despoti, nel dire quello che si può o non si può dire, nell’italiano. Lo diranno meglio nel Dialogo dei modi errati che segue alla prefazione.
Il successo che ebbe il Lessico è rimarcato dallo stesso autore nella penultima edizione del 1890. Sino ad allora tre erano state le edizioni nell’arco di tredici anni, ed una quarta se ne sarebbe aggiunta nel 1898. «Che di un libro di cose di lingua, o didascalico, se ne faccian tre edizioni in tempo relativamente breve, da noi è un caso un po' raro, e, se non isbaglio, dovrebbe essere ciò riguardato non solo come un valido e inoppugnabile documento a prò dell'utilità di esso, e un titolo di raccomandazione presso gli studiosi, ma anche come la prova che molti attendono a tali studii, e che un qualche giovamento esso abbia apportato»17.
Anche qui viene ribadito lo scopo della pubblicazione: «(…), che per avere la proprietà e la purezza della lingua, si dee risalire agli scrittori più antichi e più vicini alla sua origine, cioè al Trecento, e al tempo in cui la lingua ebbe il suo maggiore incremento e ne furono fissate le regole, cioè al Cinquecento. Secondo questo concetto, largamente esposto nel Dialogo de' modi errati, che in fine di questa prefazione si riporta (2), fu fatto il disegno del Lessico».


NOTE
1 Cfr. Enciclopedia Treccani e Dizionario Enciclopedico Treccani, e Grande Dizionario Enciclopedico Utet; e anche Vito G. Galati, Gli scrittori delle Calabrie, I, Firenze, 1928, pp. 229-231; e Francesco Morano, Bibliografia e biografia calabra. 

2 R. Liberti, Lo Stato di Ajello in Calabria, Barbaro editore, Oppido Mamertina, 1978, pp. 227-231. 

3 Trascrizione dell’atto di nascita - Nr. D’ordine 55 F. «L’anno 1828 il dì 24 del mese di agosto alle ore 12 avanti di noi Geniale Maruca Sindaco ed Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Aiello distretto di Paola (Provincia di Calabria Citra) è comparsa la signora Grazia Casanova di anni 60 di professione levatrice domiciliata in Aiello contrada Copano e ci ha presentato un bambino secondo che abbiamo ocularmente riconosciuto e ci ha dichiarato che lo stesso è stato da essa ritrovato in questo giorno 24 dico 24 del c.m. di agosto, alle ore 7 avanti la Pagliaia del suo fondo detto Copano ove domicilia, quale sembrava essere stato abbandonato dagli autori dei suoi giorni, in fasciato con alcuni panni di lino bianco, con fascia di Bambace bianca, ricci di cambri bianchi, al collo, legato con un cordone di lana nero, con una barca di seta, color paglino e fettuccia rossa ed altra bianca colla testa ignuda senza alcun segno, cifra, o lettera sul collo. Noi ufficiali dello Stato Civile dopo aver visitato detto bambino l’abbiamo ritrovato essere maschio, della età apparente di tre giorni. La stessa ha inoltre dichiarato di dare al bambino nome di Costantino cognome Adriano. 

La presentazione, e dichiarazione anzidetta si è fatta alla presenza di Don Giuseppe Caferri di anni 44 di professione proprietario domiciliato ad Aiello contrada S. Maria don Giacomo Caferri di anni 25 di professione proprietario testimoni, intervenuti al presente atto e dalla dichiarante prodotti a presente atto, che abbiamo formato all’uopo… ». 

4 R. Liberti, Lo Stato di Ajello cit. p. 229. Nel documento «tratto dagli atti di nascita in viaggio di mare, di ricognizione, di adozione, delle persone defunte fuori del domicilio e dei morti-nati nel Comune di Ajello C. dal 1-1-1836 al 31-12-1836 (foglio 3° ordine 1°)» «è detto a chiare lettere che il 16 gennaio 1836 don Bonaventura Arlìa, dottore fisico e cerusico di Amantea “ha dichiarato di riconoscere per proprio figlio un fanciullo che ci venne presentato (al sindaco Maruca) addì 24 agosto 1828 ed iscritto nei registri di nascita al N° 55 f. 28 col nome di Costantino Adriano, ci ha inoltre dichiarato che lo stesso è nato da lui nel giorno 23-8-1828”». 

5 Ivi, pag. 230. 

6 Verosimilmente, l’anno potrebbe essere intorno al 1851. Pur non avendo riscontri documentali (che abbiamo chiesto, ma al momento in cui scriviamo non abbiamo ancora ricevuto), in quell’anno l’Arlìa ha 23 anni, una età compatibile con il conseguimento della Laurea. 

7 Come si evince dal foglio di Famiglia N° 60276, fornitoci gentilmente dal Comune di Firenze. Nello stesso documento è scritto che la moglie Giuseppina Massaglia, possidente, del fu Stefano (la madre si chiamava Maria Deorsola), era nata a Robella (AT) il 24.01.1843 e a Firenze morì il 15 marzo 1935. 

8 Atto nr. 386, parte I, serie A, Comune di Firenze, Cfr. Liberti, op. cit., p. 228. Nello stesso documento, si fa riferimento anche alla madre, De Mundo Maria. 

9 «Giornale storico della letteratura italiana» LXVI, secondo semestre 1915, Loescher, Torino, p. 308. 

10 Ibidem. 

11La notizia è presa dalla Rete. Eccetto che per una improbabile omonimia, l’opera è attribuibile all’Arlìa che la dedica al professore Luigi Capuano, docente di Diritto all’Università di Napoli dove l’Arlìa si era laureato in Giurisprudenza qualche anno prima. 

12 Archivio di Stato Lucca, Lettera del 27 Maggio 1886; 31 Maggio 1886; 12 Giugno 1886; 14 Luglio 1886; 28 Maggio 1886. 

13 Collesalvetti, 21 marzo 1815Firenze, 4 marzo 1879. Filologo, dal 1859, bibliotecario della biblioteca Marucelliana, editore di testi antichi, autore di studî di lingua e di libri educativi, polemista in difesa della tradizione linguistica quale egli puristicamente la concepiva; e soprattutto, lessicografo. In collaborazione con l’Arlìa compilò nel 1877 il Lessico dell'infima e corrotta italianità. Cfr. Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994). 

14 P. Fanfani e C. Arlìa, Lessico della infima e corrotta italianità, editore Carrara Milano, Prefazione seconda edizione, primavera 1881; 

15 Per la querelle tra Carducci e Fanfani sulla “Crudele matrigna”, si veda: Michele Colombo (a cura di), Carducci filologo e la filologia su Carducci, Atti del Convegno (Milano 6-7 novembre 2007), Mucchi Editore Modena, pp. 57-71. 

16 L’epoca in cui esce l’opera dei due filologi, per inquadrare il periodo, è quella post unitaria durante la quale si stava discutendo sulla questione della lingua. Nel 1868, il ministro Emilio Broglio istituì una commissione, presieduta dal Manzoni, appunto per stabilire quale dovesse essere il modello di italiano da adottare ufficialmente. Successivamente, sciolta la commissione, il Ministro diede inizio alla redazione del Nuovo Vocabolario della lingua italiana (Firenze, 1871) secondo i suggerimenti del Manzoni. Alla redazione parteciparono, assieme a Giovan Battista Giorgini che ne fu il principale collaboratore, Pietro Fanfani, Stanislao Bianciardi e Agenore Gelli, e poi Pietro Dazzi, Mauro Ricci e Giuseppe Meini. Cfr. Dizionario Biografico Treccani alla voce Broglio, Emilio. 

17Arlìa, Lessico, ediz. 1890, pag. V





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