Il volto ritrovato. Il crocefisso restaurato di S. Francesco a Ripa, pregevole scultura lignea del calabrese Fra Angelo da Pietrafitta
Ci sono opere dell’ingegno
che travalicano il tempo e che si proiettano nella storia per la loro bellezza
e per la loro valenza artistica. Come il Crocefisso di Angelo da Pietrafitta (†
1699), fratello laico dei francescani Riformati. Un capolavoro del seicento
conservato a Roma nella chiesa di S. Francesco a Ripa, il cui restauro, appena
eseguito, è stato oggetto di un incontro inaugurale nel luogo di culto
trasteverino. Tra gli ospiti della conferenza moderata dal giornalista RAI
Andrea Marini, padre Giovanni Rossi ministro provinciale dei Frati Minori del
Lazio (sebbene in programma, non ha potuto presenziare padre Francesco
Lanzillotta, min. prov. dei Frati Minori della Calabria); la dott.ssa Laura
Gigli, storico dell’arte della Soprintendenza PSAE; la dott.ssa Alessia
Scazzuso, che ha eseguito il restauro; padre Stefano Tamburo, superiore e
parroco di S. Francesco a Ripa; e lo storico dell’arte Gianfrancesco Solferino,
conservatore del Convento che ha tenuto una relazione sui Crocefissi di
Calabria del Seicento. A lui abbiamo chiesto di parlarci dell’opera e dell’autore
pietrafittese di cui poco si conosce della vita.
Probabilmente di umili
condizioni, molto legato al suo paese di origine, Fra Angelo fu allievo del
calabrese Fra Diego da Careri (1606-1661), il quale aveva lavorato a
Roma presso il convento di San Francesco a Ripa. Qualche anno più tardi, sarà
fra Bernardino da Bisignano, procuratore generale della riforma francescana, a
chiamare Fra Angelo, in virtù della sua grande fama di crocifissista, per
scolpire l’opera in parola.
Frate Angelo, di
grande devozione e dotato di spiccato spirito mistico, che prima di scolpire
pregava chiedendo l’illuminazione al Signore, quando realizza l’opera di S.
Francesco a Ripa, è il 1686. La sua è una formazione artistica che si ispira ai
crocefissi di Fra Umile da Petralia, come quelli di Cutro e Bisignano. «I Crocefissi
di frate Angelo, però, sono meno drammatici – spiega Solferino -, ma non per
questo meno efficaci. Hanno questa bellezza, questa semplicità e questa cura per
l’intaglio. Le anatomie sono perfette. Frate Angelo dà al crocefisso questa
espressione di rassegnazione e nello stesso tempo di accondiscendenza totale
alla volontà di Dio». Quella del frate calabrese è, come aggiunge ancora lo
storico dell’arte, «un crocefisso sereno in volto, anche se le labbra sono
livide, il volto scavato, emaciato, il corpo pallidissimo di un bianco
cadaverico. Però nelle braccia, nelle gambe – fa notare Solferino - le vene
pulsano di vita. Una scultura perfetta anatomicamente parlando».
Il restauro è stato
eseguito da Alessia Scazzuso, che ha fatto uno splendido lavoro, grazie alla
diagnostica, ed al sostegno scientifico della Soprintendenza capitolina, in
particolare della dott.ssa Laura Gigli, e dello stesso Solferino.
Il bel Crocefisso di
Angelo da Pietrafitta, unico blocco ligneo eccetto le braccia, questo “Volto
ritrovato”, è ritornato dunque, dopo ben 10 mesi, nel suo luogo naturale. Ora è
custodito nella prima cappella della navata destra, in un sacello realizzato
dall’architetto romano Carlo Fontana negli anni ’90 del seicento, per
committenza del nobile cardinale Giovambattista Ricci.
Bruno Pino
Pubblicato su Il Quotidiano della Calabria del 3 aprile 2012, pag. 52
Lo storico dell'arte Gianfrancesco Solferino a Buongiorno Regione parla del Crocefisso di Fra Angelo da Pietrafitta, restaurato di recente e conservato presso la chiesa di S. Francesco a Ripa di Roma.
RispondiEliminaPer rivedere il servizio su Buongiorno Regione del 7 giugno 2012 qui il link: http://www.rai.tv/dl/tgr/regioni/PublishingBlock-4d5926ab-7b6a-4b0c-89c0-4262abdb1612.html?idVideo=ContentItem-6d9ca6b2-c4ad-4325-9af0-ca86d85761a0&idArchivio=Buongiorno
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