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Prove di morte per Sakineh

di Gaetanina Sicari Ruffo
Una grande mobilitazione per salvare la vita di Sakineh, accusata di adulterio in Iran, si sta svolgendo in queste ore a Roma davanti all'ambasciata del suo paese. Una sua gigantografia campeggia davanti al Campidoglio e pure nella facciata dei palazzi Chigi e Valentini. Vi accorrono cittadini senza bandiere di partito per testimoniare il diritto alla vita, il più importante diritto umano. Ha fatto pervenire il suo appello anche Roberto Saviano, ormai icona d'una giustizia che è lenta a farsi strada, e quasi centomila sono le firme indirizzate al Tribunale del luogo che invece dimostra di risentirsi di quest'attenzione.
Sono parecchie volte che nell'attesa dell'esecuzione si sottopone la condannata ad una tortura morale, dichiarandole l'imminenza dell'esecuzione. E poi che esecuzione barbarica. lapidazione!
La vittima sepolta fino al petto diviene bersaglio di colpi di pietra, tali da non consentirle una morte rapida, supplizio rappresentato qualche mese fa anche nel film di Ipazia, martire pagana del IV sec. d. C. Siamo nel XXI sec. ed all'orrore non c'è fine. Anziché assistere alla mitigazione dei costumi come dovrebbe essere per un'effettiva avanzata del progresso, si assiste ad una recrudescenza di antichi riti che hanno del satanico.
“Il chitone di pietra, come lo chiama Ettore nell'Iliade, era un'antica pratica popolare, al di fuori da ogni controllo istituzionale che non fu mai accolto nel giardino dei supplici né greco, né romano”, così scrive Eva Cantarella nel Corriere della sera del 21 agosto.
Per meglio comprendere questo tipo di pena, bisogna sapere che apparteneva alle faide familiari e si denotava come un'esplosione incontrollata di rabbia, tanto più condannabile, perché senza misura.
Le firme possono essere apposte per chiedere la sospensione di questa barbarie sul sito http://laregledujeu.org/2010/08/16/2616/signez-la-petition-il-faut-empecher-la-lapidation-de-sakineh/

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