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Il Pci e la Repubblica di Caulonia. Operazione “Armi ai partigiani”. Un libro di Alessandro Cavallaro racconta la guerriglia comunista in Calabria

Fonte Il Quotidiano del 30 gennaio ’09, pag. 51 (di Maria Frega)

COSA è successo davvero a Caulonia dal 6 al 9 marzo del 1945? Citare “la Repubblica rossa di Caulonia” farà ricordare a qualcuno l' iniziativa quasi utopica di realizzare nel profondo Sud una comunità democratica, e comunista, sul finire della secondo conflitto mondiale. I più giovani non ne avranno mai sentito parlare: i programmi scolastici non contemplano la storia locale e la memoria collettiva delle famiglie raramente si interessa alle trame politiche e militari.
Cosa sia davvero successo in quei giorni, in provincia di Reggio Calabria, fino a un anno e mezzo fa non era noto nemmeno ad Alessandro Cavallaro, figlio del protagonista di questa storia, che pure scrisse un volume “La rivoluzione di Caulonia” nel 1987. 
«Quando pubblicai quel libro - dice Cavallaro - non conoscevo la verità sulla vita di mio padre, che era legato ai segreti del Partito Comunista. Ora conosco dettagli nuovi che riusciranno a far luce su quegli episodi e mi riferisco al ruolo del Pci e al coinvolgimento del movimento partigiano del Nord e degli Alleati americani».
Le novità, emerse da nuovi documenti, lettere e ricordi di famiglia, sono state raccolte da Alessandro Cavallaro in un libro pubblicato da Rubbettino: “Operazione Armi ai partigiani”. Alla presentazione del volume a Roma, a Palazzo Valentini erano presenti due storici, Luigi Ambrosi e Andrea Guiso, e Nicola Zingaretti, presidente della Provincia che ha introdotto l'incontro ricordando il valore delle storie degli uomini, quanto contribuiscano a creare la grande Storia. «E' per questo - ha detto Zingaretti - che ospitiamo questo evento: la conoscenza dei fatti di Caulonia è fondamentale per comprendere quanto sia costata la ricostruzione della democrazia nel nostro Paese».
Con l'autore abbiamo parlato delle novità contenute in “Operazione Armi ai Partigiani”. 
Cavallaro, prima di tutto: chi era suo padre?
«Pasquale Cavallaro è stato uno dei pochi ad opporsi al potere feudale imposto dai signori nel Meridione. La sua vita non fu facile: fin da giovanissimo cercò di lottare contro le persecuzioni e, per non voler chiedere favori a nessuno, dovette fuggire. Subì giudizi e pregiudizi. Lo accusarono di tutto, persino di omicidio ma mai tali accuse furono comprovate dalla veridicità». 
Quale fu il suo ruolo nel Partito Comunista?
«Mio padre era considerato un ribelle, ma era un militante fedele. Le sue coraggiosi opinioni, in seguito al delittoMatteotti, gli costarono la perdita del lavoro - era insegnante - dopodiché fu mandato al confino. Al suo ritorno, come capo del partito clandestino, divenne un punto di riferimento nell'Italia meridionale per i dirigenti di Botteghe Oscure».
Pasquale Cavallaro è ricordato soprattutto per essere stato l'artefice della Repubblica di Caulonia.
«Oggi, alla luce dei nuovi documenti, presentati in appendice al libro, posso direche la storia si è capovolta: mio padre non era un rivoluzionario. La lettera di Umberto Terracini, finora inedita, svela ciò che mio padre sospettava, un segreto del Pci relativo all'operazione “Armi ai partigiani”».
Di cosa si trattava?
«Era un'operazione bellica promossa dal Pci: in Calabria tra il 1942 e il 1943 sbarcarono delle armi destinate al movimento partigiano che combatte - va al Nord. Ciò avveniva grazie agli Alleati che stavano preparando il terreno per poter liberare il Paese. La Calabria e la Sicilia allora erano divise in 12 distretti, mio padre comandava quello di Reggio (a Cosenza, invece, c'era Pietro Mancini), che comprendeva la costa ionica fino a Lamezia Terme. Così toccò a lui la responsabilità di ricevere le armi».
Cosa avvenne, dunque a Caulonia? E quale fu il ruolo di suo padre?
«Tutto nacque da un “incidente”: mio padre da capo del distretto fu eletto sindaco “afuror di popolo”, grazie all'iniziativa spontanea della popolazione e nonostante il disaccordo della borghesia agraria e fascista. Il movimento si protrasse per qualche giorno, ma non fu una rivoluzione ».
Lo storico Ambrosi, raccontando le varie riletture del'episodio, parla, infatti, di un moto nato dalla voglia di rivendicazione sociale.
«La verità è che Pasquale Cavallaro non fu l'unico responsabile. Nel mio libro presento le prove che dimostrano che il Partito ne era a conoscenza, in accordo con il Comando delle Forze Alleate e con il Partito Socialista. Il primo interesse di tutte queste vicenda resta infatti la cacciata dei nazi-fascisti. L'operazione “Armi ai partigiani” era di interesse nazionale, mentre i fatti di Caulonia furono un episodio locale».

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