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A Sorrento in mostra l’Erbario essiccato del calabrese Domenico Coscarelli da Lago (Cs)

IL “PICCIOLO Erbario” di Domenico Coscarelli del 1804 è un esemplare unico di manoscritto, che raccoglie e descrive centinaia di specie del regno vegetale, attualmente in esposizione al Museo Correale di Sorrento sino al 31 maggio prossimo.
La mostra bibliografica si compone di pannelli e gigantografie dell’Erbario sui quali sono riprodotti - oltre alle erbe essiccate, le virtù curative e i luoghi in cui esse crescono – anche degli acquerelli che rendono l'opera unica nel suo genere, con alcune scene campestri, galanti, e in particolare quelle di caccia o di inseguimenti di animali. Forse non un vero e proprio erbario con pretese scientifiche, ma certamente un importante documento iconografico sulla vita tra il Settecento e l'Ottocento.
L’autore, come dichiara egli stesso sul frontespizio dell’opera e come peraltro risulta dai registri comunali, era nato il 29 giugno 1772 a Lago (Cs), “Terra di Calabria Citra”, da Mario (o Carlo) e da Diana Scanga. Coscarelli, che fu Portabandiera del Reggimento Principessa Reale al servizio di S. M. Ferdinando IV Re di Napoli, in stanza a Capua, non era un vero e proprio addetto ai lavori, ma più semplicemente “un appassionato naturalista”, come lo definisce Mario Russo nella premessa del Catalogo a colori della mostra, pubblicato da Nicola Longobardi Editore di Castellammare di Stabia, con il contributo della Giunta Regionale della Campania - Settore Musei e Biblioteche. Secondo il curatore, il sottoufficiale borbonico aveva “tra i suoi molteplici interessi, anche quello di raccogliere ed essiccare erbe” e di “attingere, principalmente dalla cultura popolare tradizionale, informazioni sulle loro qualità medicinali”.
“Indubbiamente – dice Russo – l’opera del Coscarelli rientra, come la maggior parte degli erbari realizzati fino alla fine del secolo XIX, tra quelli che hanno esclusivamente carattere personale ad uso dello studioso stesso che lo forma per i suoi studi e per i confronti”. Tuttavia, non è da “escludere del tutto – aggiunge – che egli sia stato in contatto con i naturalisti napoletani del suo tempo o che fosse un frequentatore del loro ambiente”.

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