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Nando Aloisio

QUANDO Nando Aloisio muore è il 12 novembre del 1975. «In Argentina - come ci racconta il figlio Alfredito, docente di psicologia all’Università di Barcellona in Spagna che alla morte del padre aveva 18 anni e militava nella Gioventù del Partito Comunista -, si stava imponendo l’idea, mediante l’azione dei mezzi di comunicazione di massa, che il caos si stava avvicinando, e che mancava una condotta patriottica per far ritornare il paese alla “civilizzazione”. Era questa – aggiunge - un’epoca molto movimentata. Da un lato, i militari che ancora non si erano decisi a prendere il governo (lo avrebbero fatto poi l’anno seguente), si dichiaravano, con l’appoggio del parlamento, in guerra contro i gruppi guerriglieri. Dall’altro, era cresciuta una parte fascista che si incaricava di minacciare e ammazzare persone vicine alla sinistra».
Fernando Aloisio, era emigrato in Sudamerica nel 1948. Era nato ad Aiello Calabro (Cs) il 28 aprile 1923. Diplomatosi come perito agrario, aveva ricoperto dal 1944 al 1946 la carica di presidente dell’Ucsea (ufficio comunale statistico economico dell’agricoltura). Aveva organizzato la Camera del Lavoro di Aiello e la sezione locale del Partito Comunista e partecipato attivamente nel 1946 alla campagna in favore della Repubblica per il Referendum che diede all’Italia le sue attuali Istituzioni democratiche; e nel 1947-48 alla lotta dei contadini della sua regione con l’occupazione delle terre.
Poi, chiuso per ordine governativo l’ufficio dell’Ucsea che non aveva più ragione di esistere, Nando si ritrovò senza lavoro e venne il momento di partire, come ci ricorda il poeta comunista Peppe Verduci nel suo libro di Memorie di Lotta. In Argentina, assume la direzione di una importante Impresa nella provincia del Rìo Negro e si sposa con una ragazza del suo paese a Buenos Aires il 21 settembre 1950.
Ritornerà in Italia nel 1953, dedicandosi nuovamente all’azione sindacale in favore dei contadini. Ma nel 1954, si trasferisce, questa volta definitivamente, a Buenos Aires prendendo parte attiva alla vita della collettività italiana, sempre con lo sguardo ai suoi ideali politici e sindacali. Partecipa alla costituzione dell’Associazione Calabrese unificando il “Corum Bonum” e il circolo Calabrese; è membro dell’esecutivo della Azione Italiana Garibaldi, associazione antifascista degli emigrati italiani. Fa parte della Commissione Direttiva dell’AIMI (Unione e Benevolenza) e di Feditalia (Federazione delle Società Italiane in Argentina), essendo anche membro attivo del Gruppo Permanente del Lavoro e del Comitato di Coordinamento delle attività assistenziali del Consolato Generale d’Italia. Diventa presidente della Commissione Nazionale del Patronato INCA-CGIL e fa parte come esperto del Comitato Consultivo degli Italiani all’Estero con sede a Roma. Lavora pure diversi anni come impiegato del Banco de Italia y Rio de la Plata.
La situazione in cui agisce Aloisio, com’è quella argentina, un paese in grave crisi economica e politica e di terrorismo, è fortemente pericolosa, specialmente per coloro i quali militavano a sinistra. «Ricordo ancora - riferisce Alfredito Aloisio - le tante volte che mio padre fu minacciato dalle bande fasciste. Entravano nell’ufficio di notte, rompevano tutto e lasciavano carte intimidatorie».
Nell’ultimo dei viaggi a Roma per i suoi impegni legati all’attività sindacale e politica, Nando Aloisio disse che al ritorno in Argentina avrebbe dovuto sottoporsi alla consueta operazione al cuore per la sostituzione della valvola mitralica. Non volle dare ascolto all’amico compagno di partito Giancarlo Pajetta che lo pregò di farsi operare in Italia. La tesi che circolò allora, soprattutto nella convinzione della famiglia, è che per la sua morte durante quella fatale operazione, ci misero lo zampino i militari che di lì a poco (il 24 marzo 1976 nda) avrebbero fatto precipitare il paese sudamericano in una lunga notte.

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