Passa ai contenuti principali

Sconsigli di Reflex-Mania

Sconsigli di Reflex-Mania

Sconsiglio n° 1
“Mai più – (S)consigli per fotografi alle prime armi”.
Si tratta per l’appunto di pillole, suggerimenti brevi che ti aiuteranno a correggere alcuni dei più frequenti errori in cui incappano i fotografi principianti, partendo dalle basi della tecnica fotografica (e, non a caso, oggi cominciamo proprio dall’impugnatura)
Se sei un fotografo già avanzato e ritieni di non avere bisogno di questi consigli, clicca qui e non ti invieremo quelli delle prossime settimane. Continueremo però a inviarti gli aggiornamenti relativi agli articoli sul blog e le altre rubriche di Reflex-Mania.
Bene, fatte le dovute premesse veniamo al punto.
Il primo errore di cui ti voglio parlare ti sembrerà una banalità, ma a meno che qualcuno non ti abbia già corretto è molto probabile che lo faccia anche tu. E se così fosse è giunto il momento di sistemare le cose.
Ricordo ancora, ormai molti anni fa, che mi capitava di frequente di avere tre problemi: 
Il micromosso. Le foto, anche quando i tempi di scatto non erano brevissimi (magari 1/30 o anche 1/60 di secondo) mi venivano leggermente disturbate, non erano perfettamente nitide, anche se il soggetto non era in movimento. 
Le dita davanti all’obiettivo. Troppo spesso mi capitava che le dita finissero davanti alla lente, interferendo con lo scatto, o comunque rallentando l’esecuzione e rendendola più impacciata. 
Difficoltà a trovare i comandi corretti. Ogni volta che dovevo cambiare le impostazioni della macchina fotografica ci mettevo una vita e spesso perdevo il momento giusto per lo scatto. Per non parlare della linea dell’orizzonte, riuscire a inquadrarla dritta era un incubo e al momento dello scatto quasi sempre risultava poi storta. 
Capita o è capitato anche a te? Vorresti sapere qual è la causa più frequente di questi problemi?
E’ il modo con cui impugni la fotocamera!
Guarda le foto qui sotto, sapresti dire qual è la presa corretta?
Esatto!
Quella in basso. Facci caso, la macchina fotografica va sempre impugnata così.
E’ come il volante dell’automobile. Ricordi ancora come di insegnano a tenerlo a scuola guida? Alle 10 e 10. Certo, ci sono infiniti modi possibili di stare alla guida, ma quella posizione è l’unica che: 
Ti permette di raggiungere tutti i comandi principali senza staccare le mani dal volante 
Ti dà il massimo controllo in caso di manovre di emergenza 
Ti permette la massima flessibilità di rotazione, di nuovo senza distogliere le mani dalla guida 
Con la macchina fotografica è la stessa cosa, solo tenendola così, con la mano sinistra a fare da sostegno dal basso e la mano destra a controllare il bottone di scatto e gli altri controlli principali.
Ti potrà sembrare strano ma adottare l’impugnatura corretta della macchina fotografica ti darà immediatamente: 
Maggiore stabilità e controllo nello scatto 
Maggiore flessibilità nella gestione dell’angolo di inquadratura 
Maggiore e più intuitiva gestione dei principali controlli della tua macchina fotografica 
Prova a farci attenzione! E poi fammi sapere cosa ne pensi.

A presto per il prossimo (s)consiglio.
Un caro saluto.
Erik

***
Sconsiglio n° 2
Pronto per lo (s)consiglio N°2?
Beh, potremmo risolverlo con una massima:
– Non deve essere la posizione del fotografo a determinare l’inquadratura, ma l’inquadratura a guidare la posizione del fotografo –
Qui a Reflex-Mania riceviamo in visione da appassionati neofiti dozzine di fotografie, tutte con lo stesso problema: invece che contribuire a comporre un'immagine coerente, l’angolo di inquadratura sembra casuale.
Come se fosse un semplice effetto collaterale della posizione in cui si trovava il fotografo al momento dello scatto.
Invece dovrebbe essere l'esatto contrario: prima decidi quale inquadratura vuoi, e poi ti posizioni di conseguenza.
Per questo, ho deciso di dedicare questo sconsiglio a mostrarti perché la scelta della posizione da cui inquadrare la scena è importante, almeno tanto quanto la scelta del soggetto che vuoi riprendere.
Lascia che mi spieghi meglio.
Molti fotografi alle prime armi pensano che l’atto della fotografia si risolva sostanzialmente nella scelta del soggetto.
E poi restano delusi perché “non è venuto bene”, oppure “non rende”.
Ma non è così.
La realtà è che il fotografo deve prima di tutto fare un’opera di astrazione. Due cose rendono sostanzialmente diversa una fotografia dalla “realtà” che vediamo quando ci guardiamo intorno:
1. Il nostro cervello mette insieme migliaia di immagini per elaborare una rappresentazione tridimensionale e immersiva della realtà che ci circonda.
Al contrario, una fotografia cattura una piccolissima porzione dell’aspetto del mondo intorno a noi.
Il cervello dello spettatore ha a disposizione solo questo scorcio per elaborare le sue impressioni.
Questo significa che il pezzo di realtà che riprendiamo deve essere autosufficiente nel trasmettere la sensazione che vogliamo suscitare con la nostra fotografia, senza beneficiare del contesto che invece è presente nel momento in cui scattiamo.
2. Il nostro cervello utilizza tutta la nostra conoscenza pregressa per “interpretare” la realtà che ci circonda.
Per esempio, proviamo a immaginare di guardare dal basso verso l’alto un grattacielo che si staglia davanti a noi.
Nonostante la fuga prospettica ci faccia percepire la convergenza delle linee verticali del palazzo, il nostro cervello le interpreterà come “dritte”, perché è istruito a interpretare la prospettiva.
Nel caso della fotografia bidimensionale questo non avviene. Per questo alcune fughe o inclinazioni della linea dell’orizzonte sono così fastidiose nelle foto. Perché il cervello dello spettatore percepisce la distorsione della prospettiva senza avere gli elementi per interpretarla.
Tornando al nostro errore comune, molti fotografi agli inizi tendono a scattare ad altezza uomo, portano la fotocamera all’occhio e… click.
Sbagliato.
Esistono solo due possibilità per uno scatto eseguito in questo modo: 
Uno scatto banale e “insipido” 
Uno scatto scorretto e “fastidioso” 
Ovviamente sto esagerando. Non sempre uno scatto eseguito ad altezza uomo è “sbagliato”, ma quell'angolatura dovrebbe dipendere da una scelta ben precisa.
Invece, nel caso di chi inizia a fotografare, spesso, molto banalmente il fotografo non ha pensato alla possibilità di “muoversi” e ottenere altre inquadrature dello stesso soggetto: dall’alto, dal basso, cambiando l’inclinazione della linea dell’orizzonte, da più vicino o da più lontano.
Se hai un obiettivo zoom (non fare il furbo, sono sicuro che ce l’hai ;) ) ti consiglio di fare questo esperimento:
1. Scegli un soggetto abbastanza lontano, poi utilizza la massima lunghezza focale disponibile e riprendi il tuo soggetto in modo che occupi circa un terzo dell’inquadratura. Non importa quale.
2. Ora imposta la tua focale minima e avvicinati al soggetto fino a che non occupa circa la stessa porzione di fotogramma dello scatto precedente. Click.
3. Adesso confronta i due scatti. Lo vedi quanto sono diversi? Eppure il soggetto è lo stesso, e addirittura occupa circa lo stesso spazio nel fotogramma.
Questo piccolo esperimento dovrebbe averti dato un’idea del potere che sta nella scelta dell’angolo di inquadratura. Se poi volessi imparare qualcosa in più sulla lunghezza focale, puoi leggere il nostro articolo dedicato al riguardo.
Puoi fare tante altre prove dello stesso genere, ma ricorda: il traguardo deve essere riuscire a prevedere il tipo di fotografia che vuoi ottenere, e poi cercare il punto di ripresa giusto per riuscire a raggiungere lo scopo.
In questo senso all’inizio scrivevo che deve essere l’inquadratura a determinare la posizione del fotografo e non viceversa.
Tu pensa la foto che vuoi fare, cerca di immaginare quale dovrebbe essere l’inquadratura ideale, e poi fai in modo di ottenerla spostandoti fino a raggiungere l’angolo di ripresa che più si avvicina all’ideale.

A presto per il prossimo (s)consiglio.
Un caro saluto,
Erik

***
Sconsiglio n° 3
Ho deciso di chiamare questo (s)consiglio “(P), come perché?!"
Avrei anche potuto chiamarlo “P, come pigrizia".
O anche “P, come potevo-anche-fare-di-più".
Oppure “P, come Pro".
Aspetta, quest’ultima non te l’aspettavi, vero? Sembra non c’entri nulla con le altre, e invece no. E ti spiego perché in un minuto.
Ma prima di tutto, hai capito per cosa sta “P”?
Lo trovi sulla ghiera principale della tua macchina fotografica (quasi sempre), insieme ad “A”, “S”, “M”. Si tratta della modalità di scatto “Program”.
In pratica tu schiacci il pulsante di scatto, e la macchina imposta il tempo di esposizione e l’apertura del diaframma in modo automatico.
In effetti è molto comodo (da qui “P come pigrizia" :) ). Sostanzialmente fai lavorare la tua macchina, magari una DSLR advanced, come fosse una compatta.
Ovviamente nulla di male, ma…. Questo sconsiglio è dedicato a cercare di convincerti che sarebbe meglio se tu evitassi il più possibile di scattare in “P”.
Questo vale soprattutto se ti stai avvicinando al mondo della fotografia da poco e devi ancora acquisire la capacità di previsualizzare l’effetto che un certo tempo di scatto o di una certa apertura di diaframmapossono avere sulla tua immagine finale.
Come probabilmente già saprai, infatti, la combinazione di tempo e apertura è la chiave (insieme alla sensibilità ISO) per poter ottenere un’esposizione corretta.
Al tempo stesso però, sia il tempo di esposizione che l’apertura del diaframma possono condizionare fortemente l’assetto compositivo della tua immagine:
L’apertura del diaframma perché determina la profondità di campo della ripresa, e quindi definisce quali elementi della scena saranno a fuoco e quali invece saranno sfocati (ti dice qualcosa la parola bokeh?).
Il tempo di scatto perché da questo dipende il “mosso”, vale a dire la perdita di nitidezza dell’immagine dovuta al movimento, quello del soggetto ripreso, ma anche quello del fotografo che riprende (come per esempio nel panning)
Ne deriva che, quando deleghi la scelta dell’apertura e del tempo di scatto alla fotocamera, stai implicitamente rinunciando a controllare alcuni aspetti cruciali della composizione della tua immagine.
La macchina fotografica infatti tenderà a cercare il miglior compromesso possibile per ridurre da un lato il rischio di mosso, e dall’altro lo sfocato.
L’immagine risultante avrà la massima profondità di campo possibile, mantenendo un tempo di scatto sufficientemente breve da ridurre il rischio di mosso.
Il che nella maggior parte dei casi va benissimo.
Tanto è vero che conosco una moltitudine di professionisti che usano macchine anche estremamente sofisticate in “P” (ed ecco spiegato il “P, come Pro").
Perché?! Perché si risparmia tempo, si riduce il rischio di errore (la macchina quasi sempre troverà un’impostazione adeguata a produrre un’immagine corretta), si elimina il problema di dover pensare a come scattare.
Quando un professionista deve portare al cliente una serie di scatti in un tempo estremamente limitato, magari fotografando una scena molto dinamica, spesso la maggior garanzia di successo viene dall’uso del programma “P”.
E poi è comodissimo :) .
E allora perché tu no?
Perché un professionista arriva (o è arrivato) all’uso del programma automatico attraverso un percorso.
Un professionista sa per quale tipologia di scatti ha bisogno di un controllo fine sulla profondità di campo e per quale invece vuole un controllo assoluto sul tempo di scatto.
Sa quanto mosso si può aspettare se fotografa un ciclista a 1/60 di secondo, e sa quale profondità di campootterrà se scatta con un 90mm a f/4, o a f/2.
Tu lo sai? Immagino di no.
Ecco. Se ti abitui a scattare in “P” rischi di non scoprirlo mai.
Al contrario, dato che non hai il problema del dover consegnare tassativamente al cliente l’immagine dopo una mezza giornata di riprese, io ti consiglio di rinunciare alla comodità del programma automatico, per farti trascinare dalla gioia di sbagliare.
Usando le impostazioni “A” (a priorità di apertura), “S” (a priorità di tempo) e “M” (completamente manuale) - tra l'altro, in caso ne avessi necessità, trovi qualche dettaglio in più su come usarli nel manuale "50+ consigli" - .
Soprattutto quest’ultima.
All’inizio sarà difficile. Ci metterai di più a impostare ogni scatto, e perderai dei “bellissimi momenti” perché non eri pronto con la macchina.
Ma ti posso assicurare che imparerai di più “giocando” con le impostazioni manuali, che non leggendo qualunque libro di tecnica.
Perché nessuno ti può insegnare la sensibilità nell’uso dei tempi e dei diaframmi, se non la tua stessa esperienza.

A presto per il prossimo (s)consiglio.
Un abbraccio.
Erik

***

(s)consiglio #4 - Quando il troppo stroppia

Ti è mai capitato di sentire pronunciare il detto poche idee, ma chiare?

Beh, se vuoi la mia personalissima opinione, penso che se dovessi scegliere un solo motto per rappresentare l'arte del fotografare, probabilmente sceglierei questo.
Perché?
Perché, per quanto generalizzare porti sempre a storpiare la complessità del reale, in fotografia spesso (forse sempre) il tempo gioca un ruolo primario. Cos’hanno in comune Il Momento decisivo, il cogli l’attimo, o il cattura l’istante?
Tutti fanno riferimento all’importanza del trovarsi pronti e reattivi quando viene il momento giusto.
Persino molti generi di fotografia contemplativa, più lenta per definizione, come la fotografia di paesaggio, devono convivere con la dura realtà in cui luce, colore, movimento e atmosfera si combinano in magiche armonie solo per istanti effimeri, e poi puff, dopo pochi secondi tutto è svanito.
Tu mi chiederai: bene, ma che c’entra tutto questo con le idee chiare?
È semplice. Detto in due parole, l’efficienza non va d’accordo con la confusione.
Te lo dimostro con un piccolo esperimento.
Prendi la tua macchina fotografia. Non importa il modello. Ora prova a seguire in sequenza le istruzioni che ti indico qui, nell’ordine in cui te le indico. Non preoccuparti del risultato, non è importante in questo momento. Ciò che conta è la sequenzialità delle azioni.
Dicevamo, nell’ordine:
Inquadra una scena
Metti la macchina in manuale
Regola il diaframma alla massima apertura
Imposta un tempo di 1/250sec
Imposta l’esposimetro in modalità spot
Compensa l’esposizione di +1 stop
Scatta
Fatto?
Bene, ora ripensa attentamente alla serie di azioni che hai svolto e rispondi (sinceramente ;) ) a questa domanda:
Tra quando hai inquadrato (punto 1) e quando hai premuto il pulsante di scatto (punto 7), hai mai allontanato l’occhio dal mirino?
Se la tua risposta è sì, allora significa che la tua gestione della fotocamera non è molto efficiente perché, in un mondo ideale, quando vuoi correggere delle impostazioni, non dovresti mai distogliere sguardo e attenzione dal soggetto e dalla scena.
Quel tempo e quell’attenzione che dedichi alla tua amata macchina fotografica li stai rubando alla scena che vuoi riprendere. Il tuo momento magico (decisivo, se come noi ami HCB) potrebbe essere volato viaproprio in quell’istante in cui tu eri impegnato a ritrovare il pulsante (o la ghiera) per correggere l’esposizione.
Tutto questo ci porta a due conclusioni:
1- Soprattutto se sei all’inizio, concentrati su poche funzioni della fotocamera, quelle essenziali (per il tuo modo di fotografare) e impara a gestirle in completo automatismo.
Se hai la patente, l’esempio più calzante è quello. Deve essere come guidare, non devi pensare a schiacciare il freno quando devi frenare. Freni e basta. Se no hai già bocciato. Qui è uguale, se devi pensare a come impostare la macchina, 9 volte su 10 hai già perso lo scatto.
Se vuoi un consiglio, io ti suggerisco di partire da questa lista, di operazioni che dovresti poter eseguire senza guardare la macchina (ovviamente puoi -anzi devi- adattarla poi in base alle tue esigenze):
Impara a passare da modalità manuale, a priorità di diaframmi, a priorità di tempi e viceversa.
Impara a gestire tempi e diaframmi nelle diverse modalità di scatto.
Impara a cambiare le modalità di esposizione (o a usare per un po’ sempre la stessa, quella con cui ti trovi meglio).
Impara a compensare l’esposizione.
Impara a passare da fuoco automatico a manuale e a fochettare.
Impara a conoscere le diverse modalità di fuoco e a scegliere quella adatta a ogni situazione. Impara a selezionare il punto di fuoco, senza dover distogliere l’occhio dal mirino.
Imposta gli ISO su auto e dimenticateli (fino a che non padroneggi tutto il resto).
Imposta il bilanciamento del bianco su “daylight” o “auto” e dimenticatelo, lo gestirai poi in post produzione.
Scatta sempre in RAW, è l’unico modo per poter applicare correttamente quanto sopra.
2- Quando devi scegliere una macchina fotografica da comprare, presta molta molta attenzione a come ti trovi con la sua ergonomia. Spesso si sottovaluta questo aspetto, ma è uno dei fattori che più possono condizionare la qualità dei tuoi scatti. Molto più che non i famigerati megapixel!

A presto per il prossimo (s)consiglio.
Un abbraccio.
Erik

***

(s)consiglio #5 - Mettere a fuoco in condizioni difficili
Lo (s)consiglio di oggi tocca un argomento che per molti suonerà un po' strano, certamente lo sarà per tutti coloro che non hanno mai fotografato in epoca pre-digitale. Ma proprio per questo credo che valga la pena affrontare la questione in questa rubrica.
Quindi eccola:
Ti sei mai chiesto se abbia ancora senso fotografare in modalità di fuoco manuale?
Io direi che, se sei dotato di una reflex con un buon pentaprisma, di certo vale la pena che tu sappia gestire la tua macchina anche in fuoco manuale. Ovvero che tu (s-appia)fochettare.
Questo non significa che ti sto consigliando di non utilizzare più l'autofocus, anzi. Gli autofocus moderni sono dei gioielli di ingegneria che gestiscono molto meglio del più veloce dei fotografi la maggior parte delle situazioni di scatto.
Semplicemente, ci sono alcune situazioni, per altro non così rare, in cui il tuo autofocus (soprattutto se non usi quotidianamente una macchina pro da diverse migliaia di euro) può andare in crisi.
Vuoi alcuni esempi?
In fotografia notturna, sempre
In generale, quando fotografi in condizioni di bassa luminosità
Quando fotografi soggetti ripresi su uno sfondo ricco di dettagli che possono "confondere" l'autofocus
In tutte le situazioni in cui tra te e il soggetto che vuoi mettere a fuoco ci sono degli ostacoli che possono "catturare" il sensore di messa a fuoco (per esempio un vetro o una rete)
In tutte le situazioni in cui vuoi mettere a fuoco un punto molto preciso dell'immagine, specie se decentrato
In tutta la fotografia macro (un caso estremo del punto sopra)
Nel ritratto, in cui la differenza tra mettere perfettamente a fuoco gli occhi o il naso, può cambiare radicalmente il destino del tuo scatto (altro caso particolare di fuoco su dettagli)
Quando il soggetto che vuoi mettere a fuoco è poco contrastato
Quando c'è un forte contrasto intorno al soggetto che vuoi mettere a fuoco
Quando ci sono molti soggetti in movimento sulla scena, soprattutto se la direzione del movimento può essere imprevedibile
Bastano? Potremmo farne ancora altri.
In tutti questi casi, te la giochi con un compromesso:
Se hai più tempo per preparare lo scatto, e ti trovi in una delle situazioni descritte sopra (o in una analoga), ti conviene certamente fochettare manualmente (se la macchina te lo permette :) ) e trovare il punto ideale di messa a fuoco per riprendere la scena.
Se invece devi cogliere un istante al volo, tutto da decidere in una frazione di secondo, non puoi che affidarti all'autofocus, cercando di scegliere la modalità AF più adatta alla situazione (ma di questo magari ne parliamo un'altra volta ;) ).
E poi.. e poi c'è la soluzione che hanno adottato tutti i fotografi che scattavano prima che cominciassero a esistere autofocus degni di questo nome.
Immagina di essere un fotografo di reportage o street photography, pronto a cogliere l'attimo al volo. Ma... niente autofocus.
Un incubo. No? Eppure era la situazione tipica che hanno vissuto tutti i grandi fotografi, fino a pochissimi anni fa (meno di 20 direi).
Ti se i mai chiesto come facessero? Ti sei mai chiesto come fece HCB a scattare le tre foto che trovi qui sotto?





Hai notato che tutti i piani sono a fuoco? Dal soggetto più vicino fino all'infinito.
Bene, se non ne hai mai sentito parlare, la tecnica che ti permette di controllare al meglio questo genere di scatti viene chiamata iperfocale.
Se vuoi leggerne una definizione precisa trovi tutto in questo articolo dedicato completamente alla profondità di campo.
Qui mi basta ricordarti che l'iperfocale, per ogni combinazione di apertura del diaframma e lunghezza focale, è la distanza di messa a fuoco per cui puoi ottenere la massima profondità di campo. La quale, per essere precisi, va dalla metà della distanza di messa a fuoco all'infinito.
In pratica, io metto a fuoco alla distanza X e so che il mio campo di fuoco andrà da X/2 fino all'infinito.
Si tratta del sistema di messa a fuoco più veloce che puoi immaginare, perché è istantaneo. E anche del più preciso, perché prescinde dalla scena ripresa. Semplicemente sarà tutto a fuoco.
Puoi vederlo un po' come l'alter ego del bokeh. Invece di sfruttare il fuoco selettivo per mettere in risalto alcuni elementi della tua composizione, con l'iperfocale puoi tenere a fuoco il maggior numero possibile di soggetti, per dare all'immagine la massima leggibilità.
Se ti stai chiedendo come applicarla, devo dirti che purtroppo si tratta di una delle poche cose che erano più semplici una volta (con le macchine analogiche), e che lo sono diventate meno ora.
Nei vecchi obiettivi con le ghiere della messa a fuoco e dei diaframmi infatti, la profondità di campo era chiaramente indicata sull'obiettivo.
Come puoi vedere nell'immagine qui sotto infatti, a fianco dell'indice di messa a fuoco ogni diaframma è rappresentato due volte in modo da indicare la profondità di campo per ogni apertura.
Per esempio, sempre qui sotto, il fuoco è impostato per l'iperfocale a f/11, infatti mettendo a fuoco a circa 2.5m, la profondità di campo ad apertura f/11 va da 1.2m all'infinito (vedi gli indicatori 11 sulla scala della profondità di campo).


Oggi queste scale non le trovi quasi mai, sugli obiettivi moderni. Per questo, per poter sapere qual'è la distanza iperfocale (e la relativa profondità di campo) per un certo obiettivo a una certa apertura devi ricorrere a dei riferimenti esterni: delle tabelle o, oggi più spesso, delle app.
Ce ne sono moltissime. Il problema è che l'approccio diventa farraginoso, devi andare a controllare sulla app ogni volta che vuoi usare l'iperfocale. E poi, spesso ti trovi con un'ottica che non ti permette di vedere la scala delle distanze, per cui devi approssimare a occhio il punto di messa a fuoco.
Allora ti lascio con due dritte. Valgono soprattutto se ti interessa fare street photography e se, come HCB, vuoi fare in modo che in almeno alcuni dei tuoi scatti tutto risulti a fuoco, senza però dover perdere tempo a "preparare" la scena a monte.
Molto semplicemente:
1- Per quando scatti in street, procurati almeno un'ottica con la scala delle distanze, magari fissa (potrebbe essere 17mm, 24mm o 28mm, se scatti con APS-C). Usare l'iperfocale con ottiche "lunghe" perderebbe in ogni caso di significato (la profondità di campo non sarebbe sufficiente a coprire un campo di ripresa ragionevolmente ampio), quindi pensa a scattare con una focale normale o un grandangolo (cosa che per altro ti consiglierei comunque per fare street photography)
2- Memorizza poche combinazioni di triplette focale/apertura/iperfocale (te le puoi appuntare su un foglietto se proprio non riesci a impararle ;) ). Ti conviene puntare su diaframmi da medio-chiusi a chiusi, di nuovo perché a diaframmi aperti la profondità di campo assoluta non sarebbe sufficiente a permetterti di sfruttare l'iperfocale. Per esempio:
18mm - f/8 - 2.5m (avrai tutto a fuoco da 1.25m all'infinito)
24mm - f/11 - 2.3m (avrai tutto a fuoco da 1.15m all'infinito)
28mm - f/11 - 4.5m (avrai tutto a fuoco da 2.25m all'infinito)
35mm - f/16 - 4.8m (avrai tutto a fuoco da 2.4m all'infinito)
3- Sfrutta un setting ISO un po' più spinto (chi si è mai lamentato della grana in una foto di reportage?) per permetterti di lavorare a diaframmi più chiusi. Tra l'altro, oggi la maggior parte delle fotocamere ti permette di lavorare in estrema tranquillità a ISO 1600 o 3200. Il sogno di ogni reporter "analogico" è diventato realtà...
Sfruttando questi tre piccoli accorgimenti, ti puoi permettere di prenderti la libertà di scattare intere sessioni in iperfocale, quando lo desideri (e quando le condizioni sono propizie), e senza doverti preoccupare del funzionamento dell'autofocus.
Ti prepari con la tua ottica, priorità di diaframmi, ISO a 1600, diaframma f/11, e fuoco preimpostato su 2.3m (se come me ami il 24mm su APS-C). Per due ore te ne dimentichi, e pensi solo a inquadrare al meglio. Sai che avrai tutto nitido, da 1m all'infinito.
Uno strumento in più al servizio della tua creatività!

A presto per il prossimo (s)consiglio.
Un abbraccio,
Erik

***
(s)consiglio #6 - Come si usano (davvero) gli ISO?
Con lo (s)consiglio N°6 facciamo un tuffo nel mondo della tecnica in senso stretto.
Anche in questo caso il problema di per sé è banale, ma se non risolto può essere la causa di molti scatti rovinati.
Stiamo parlando della gestione dell’impostazione ISO.
Se hai già sentito parlare degli ISO sai che si tratta dell’impostazione di sensibilità del tuo sensore (se non ne sai nulla puoi approfondire l’argomento leggendo questo articolo).
Volendola fare breve, la definizione ISO è stata mutuata dalla fotografia analogica. Nella fotografia analogica la sensibilità era primariamente legata alla dimensione dei sali d’argento che precipitando in seguito all’esposizione alla luce definivano la cosiddetta “grana”.
Una pellicola molto sensibile (e molto veloce) era destinata a produrre immagini dalla “grana grossa”, caratterizzate da una puntinatura evidente.
Nella fotografia digitale la “grana” è stata sostituita dal “rumore”.
Senza entrare in tecnicismi inutili, ogni sensore digitale tende a generare del segnale aspecifico, dovuto per lo più al movimento spontaneo degli elettroni a causa del calore (non a caso i sensori super-sensibili, utilizzati per esempio in ambito scientifico, sono raffreddati, si parla di cooled CCD) e a luce aspecifica che raggiunge il sensore.
Cambiando l’impostazione ISO della fotocamera puoi cambiare la soglia di quello che il sensore considererà un segnale “vero”. In pratica, più alzi il valore ISO, più questa soglia si abbassa.
Questo significa che la fotocamera diventa più sensibile (sarà in grado di registrare una minor quantità di luce).
Al tempo stesso però, è più difficile discriminare il segnale “vero” (quello generato dalla luce che attraversa l’obiettivo) rispetto a quello falso (il rumore generato spontaneamente dai circuiti del sensore).
La conseguenza è che le foto sono più rumorose. Se vuoi avere un’idea di che cosa si intende per rumoroso puoi leggere questo articolo dedicato al rumore digitale.
Principalmente per questa ragione, è probabile che ti sia capitato di sentire che gli ISO vanno tenuti bassi. Allo scopo di minimizzare il rumore, per l’appunto.
Giusto. Fino a un certo punto.
Nel senso che io ricordo (soprattutto legata alla rumorosità dei primi sensori digitali) l’ossessione di scattare con ISO 100, a costo di spingere l’apertura del diaframma e i tempi di esposizione ai limiti della praticabilità.
Ecco, questo oggi non è assolutamente necessario. Anzi, spesso risulta dannoso, causa di:
1. fotografie mosse (dovute a tempi di esposizione troppo lunghi)
2. sfocati non voluti (dovuti a un’eccessiva apertura di diaframma)
3. scatti sottoesposti.
D’altra parte, utilizzare un’impostazione ISO più alta del necessario diventa un’inutile sorgente di rumore e può essere limitante quando vogliamo eseguire delle esposizioni lunghe magari con diaframma completamente aperto per ottenere un bel bokeh.
Un consiglio pratico:
Soprattutto fino a che non hai piena dimestichezza con il controllo della tua fotocamera ti consiglio di utilizzare primariamente l’impostazione a priorità di diaframmi con aggiustamento automatico degli ISO.
In questo modo tu avrai facilmente il pieno controllo dell’inquadratura e dello sfocato, e lascerai alla macchina fotografica il compito di trovare il miglior compromesso tra un tempo di scatto che prevenga il micromosso e una impostazione ISO che contenga la generazione di rumore.
Questa impostazione funzionerà discretamente bene per la maggior parte delle condizioni di scatto, con l’eccezione dei casi in cui siano strettamente necessari tempi molto brevi (la fotografia di soggetti in movimento rapido, per esempio nella fotografia sportiva).
In questi ultimi casi, ti consiglio di passare alla priorità di tempi (sempre con ISO in automatico) oppure alla modalità manuale, tenendo fissa l’apertura a seconda della profondità di campo desiderata e impostando il tempo a seconda delle necessità (gli ISO si adatteranno di conseguenza a compensare l’esposizione).
Nel frattempo però fai tantissime prove in manuale:
a. Prendi confidenza con gli ISO sperimentando in prima persona quanto ti puoi spingere in su con la tua fotocamera ottenendo risultati ancora accettabili (in termini di rumore).
b. Prova a utilizzare gli ISO come “camera di compensazione” dell’esposizione per allungare o accorciare i tuoi tempi di scatto a parità di apertura del diaframma.
Ricorda sempre che a ogni raddoppio dei valori ISO corrisponde un dimezzamento dei tempi di scatto o uno stop di diaframma (a parità di esposizione).
Ti basta questa semplice informazione, tutto il resto dipende solo dalla tua creatività e fantasia.
Facile, no? ;)

Al prossimo (s)consiglio,
un caro saluto
Erik

Commenti