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Contro l'abolizione delle Province in Italia

di Franco Pedatella

La bella Italia, dama di gran gala,
un giorno ereditò tante province
dalla dea Roma, che le avéa create
per reggere un impero sterminato.

Gioielli ne avéa fatto la gran dama,
le avéa portate in picciol territorio,
il suo, ch’è somigliante allo stivale
che in mare che l’abbraccia si distende.

Era felice di mostrare al mondo
le sue province, chiuse in uno scrigno
come diamanti: portano in corona
meravigliosi stemmi dei Comuni,

di gloriose Repubbliche sul mare
fornite di galee per merci e guerre,
che con il sangue di lor prodi figli
la storia hanno scritto dell’Italia.

Tante città, d’autonomia bandiere,
hanno trovato il modo, nella storia,
di ritrovarsi in piena comunione
d’intenti e volontà particolari

e di diversi han fatto un solo Stato
che nome ha Repubblica Italiana.
Or come gran signora in decadenza
disfarsi vuol di questi bei gioielli,

perché non può curarli come deve
né può lustrarli sí che ancor sian belli?
L’Italia può negare la sua storia,
tenere i soldi in note tasche ascosi

e non utilizzarli a mantenere
le sue province, che son gli ornamenti
avuti in dono dalla Madre Roma
come trofei preziosi di famiglia?

o come fori doviziosi ed ampi
o atrii maestosi e adorni d’arte,
che menti creative e mani esperte
pensâro e del progetto fecer atto?

Rifletti, bella Italia, pria di andare
a svendere al mercato i tuoi ornamenti,
se proprio non hai in cassa le risorse
per mantenerli belli e averne il vanto!

Pensa s’è ben ridurti a mendicare 
e tendere la man limosinante,
il riso suscitando e la pietate
di quei che a te fûr servi o corteggianti!

Roma, 7 luglio 2013

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