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De l'amour


di Carmelina Sicari – direttrice di Calabria Sconosciuta
Ma l'amore, ma l'amore è vero? Torna ad occuparsene un filosofo ma anche altri recenti scrittori che cercano di catturare i mille colori dell'amore. Il filosofo è Alain Badiou e gli scrittori Donald Antrim e Roland Barthes e da noi, giù giù, Gerardo Pontecorvo.
Diciamo subito che il sublime mai più raggiunto è la figurazione dell'amore nel Simposio di Platone e la sua forma marmorea è Eros e Psiche di Canova. La sintomatologia dell'amore ha un suo manuale in Stendhal e in modo più intenso in Proust. Alain Badiou scrive un Elogio dell'amore che è anche il fondamento di quella che lui definisce una vera e propria rivoluzione. Di Roland Barthes vengono pubblicate le lettere ma la sigla che riassume tutta la materia sembra essere il romanzo dello scrittore americano che definisce irraggiungibile come il Graal, l'amore, Antrim appunto. Quello di Platone, la ricerca inesausta della metà dell'anima, del completamento, dell'unità è l'Eros per eccellenza, figurato alato perché consente il volo verso latitudini superiori, alte. Due metà separate che cercano disperatamente, incessantemente di riunirsi, è questo il sublime che Platone descrive. Eros per eccellenza, quello configurato nel gruppo marmoreo Amore alato che Psiche guarda dormiente. Il divino non può che raggiungersi nel sonno, non può essere guardato davvero pena la riduzione in cenere e Psiche nella favola di Apuleio tenta la sorte e perde per sempre l'amore.
È questa la sorte degli umani? Ha ragione Donald Antrim che lo definisce irraggiungibile, un sogno appunto? Uno scrittore, Gerardo Pontecorvo in L'amore scritto sul mare, edizione Città del sole ne è convinto. L'amore esiste davvero. Lo fa proclamare a gran voce da uno dei personaggi e lo scrive nella vita di un altro Paleologo, che lo testimonia con una fedeltà ed una costanza davvero uniche. Ma la dimensione dell'amore nel romanzo di Pontecorvo ha una valenza davvero straordinaria. Si coniuga alla storia e ne costituisce il riscatto. La storia è quella del fascismo durante la seconda guerra mondiale. È una storia oscura che si conduce attraverso un intrigo internazionale, spionaggio e attraverso l'affondamento di una nave, la Libia e Malta. L'oscurità è densa ed insieme è aridità cattiveria, gravità. L'amore luminoso riscatta tutto. È dapprima l'amore materno e poi si configura come amore tout court. La storia crea vittime, l'amore le riscatta. La storia getta nell'inconsapevolezza i protagonisti, l'amore li rende partecipi, consapevoli, liberi. E dal titolo si evince l'andamento del racconto, il mare. È un tema anche di avventura. Come nel grande romanzo di Conrad il mare è l'aperto, la libertà, la fine dei legami, la scelta del destino ed anche il rischio. Tra i personaggi che insieme alla scrittura sono i canali del rapporto tra amore e storia, tra positivo e negativo ci sono alcuni che addensano maggiore luce, più della luce prendono, diremmo con immagine dantesca. Uno è quello della madre del protagonista Ugo Bellè. Essa vive due vite e due amori. Si innesta qui un altro elemento della scrittura, notevole. Non c'è lieto fine. Umberto Eco negli anni settanta ha coniato l'espressione opera aperta per dire che il lettore è incluso nell'opera, lector in fabula. L'autore lo blandisce, lo cattura, gli mente perché, come diceva Manganelli, la letteratura è menzogna ma il lettore c'è sempre. Il lieto fine mira a rassicurarlo. Manzoni nella sua concezione storica della provvidenza trova il sugo della storia in conclusione. Ma il lettore non viene quasi mai tradito nelle sue aspettative. Si fa un'idea della vicenda, segue gli eventi e si attende di non essere deluso dallo scrittore. Invece qui la delusione è totale. La madre intraprende una nuova vita, ricomincia dopo avere atteso il figlio che crede morto. Perché. ed è questo l'altro elemento notevole di questa scrittura, l'amore vero è ricominciamento. Lo hanno detto i grandi interpreti dell'amore, tra cui Proust nell'Amore di Swann. Tra i personaggi senza amore, al buio totale, Verdirame. Per via di questo personaggio il romanzo potrebbe entrare nel genere noir. Ne ha tutti gli elementi. Un assassinio, un tradimento, una catastrofe in mare. E la scrittura rapida senza soste, senza sedimenti di riflessione ne è veicolo. Per il racconto efficace ed a tratti anche audace Manzoni aveva sperimentato l'idea del saggio dentro il romanzo. Le sue riflessioni sulla storia, Clio ed Euterpe insieme su una moralità della storia e su una sua intrinseca verità ingombravano a tratti lo svolgimento del racconto. Dietro le riflessioni da Manzoni attribuite all'anonimo stanno le accurate ricerche della Colonna infame, sul seicento, la storia di Ripamonti, le cronache. Qui nessuna tentazione erudita né oratoria. La storia fa vittime. La conclusione è analoga a quella del Manzoni ma senza moralismo ecco perché non è necessario dal punto di vista della struttura del racconto, il lieto fine. La storia non è culto del passato né memoria. È sguardo sul dolore che essa produce. Il dolore dilaga e coinvolge la città e la comunità. I bombardamenti nella città, la solitudine, la penuria. La luce unica è l'amore e la musica. La memoria, Mnemosine che trae dal limbo con i ricordi le emozioni non è la materia del romanzo. È la storia non alla maniera classica come opus oratorium maxime che deve persuadere mentre rappresenta. La storia è un fiume che travolge uomini e cose che sfigura, che seleziona a caso sopravvissuti e vinti, perdenti e non. I personaggi che vivono immersi nel dolore a fianco della morte sono quasi indipendenti dal loro autore che non può intervenire per salvarli, per confortarli, abbandonai al flusso. Hanno una costante classica, sibi constant. Sono profondamente coerenti al loro carattere, alle scelte iniziali. Maxia la ragazza del protagonista fa una fine estremamente tragica ma è pienamente coerente a se stessa. L'intreccio tra amore e storia costituisce il motivo fondante dell'opera. Le due realtà si rispecchiano, rinviano e si chiariscono a vicenda. L'amore non è solacium doloris, consolazione ma proprio perché non è tale ha una sua consistenza profonda, è, esiste come dice un personaggio. La sua essenza è luce e suscita profondo stupore. Trova la sua consistenza proprio nello specchio oscuro della storia che causa, genera il dolore. I colori dell'amore sono molteplici, si diceva. L'amore materno e quello filiale, l'amore ambiguo e l'amicizia e l'amore tout court. Sono le possibilità dell'esistenza contro la storia o per meglio dire nonostante la storia. L'amore esiste, è il refrain dell'opera. Non si tratta di un'affermazione simile a quella della Kristeva In principio era l'amore. L'amore come fatto religioso staccandosi dal quale l'umanità decade e assume ineluttabilmente il senso di colpa che l'accompagnerà senza riscatto. Da Kirkegaard a Nietzsche, il senso di colpa impedisce la percezione della realtà ed una vita degna di esser tale. L'amore è nella visione laica di Pontecorvo. Né si tratta della sintomatologia dell'amore come in Stendhal. L'amore irrompe nell'esistenza e nella storia ed è ricomiciamento, capacità di chiudere con il passato. L'amore in Gerardo Pontecorvo è pudico, senza compiacimento e sottolineature, senza realistiche e parossistiche descrizione. Si direbbe amore sacro contrapposto nel mondo classico a quello profano. La struttura dunque del racconto è binaria, da una parte la storia e dall'altra l'amore. A fare da sutura tra entrambe, l'arte. L'arte svolge dunque un ruolo di mediazione profondissimo ed importante. I percorsi dell'amore sono nuovi e straordinari. L'amore giunge anche ad età avanzata, è capace di lunghe attese senza logorarsi. Achille Loria sosteneva che l'economia deve avere dinanzi al dolore umano un atteggiamento pietoso. L'arte nella sua mediazione ha la stessa funzione. Proprio la sorprendente vitalità dei percorsi d'amore lo suggerisce. La storia è oscura perché uccide la luce ma ne ha bisogno perché l'umanità sopravviva e proceda nel cammino dell'evoluzione. La storia è meno perduta rispetto a quanto appaia in Manzoni. Lì la frase di Renzo: - Ci sarà giustizia in questo mondo, viene commentata così dall'autore-anonimo: - Come si vede che l'uomo in preda al dolore non sa quel che si dica. La storia è oscura perché le leggi del potere la sopraffanno. Esse sono l'odio dell'uomo contro l'uomo, la sua falsificazione, la sua malizia e la violenza che ne è conseguenza. La falsificazione fa sì che Ugo Bellè venga tenuto all'oscuro rispetto alla missione che gli è stata affidata. Da qui nasce la violenza su quelli che scoprono l'inganno, il fratello di Maxia e Maxia stessa. L'amore è semplice e senza malizia, altrimenti deve cambiar nome, chiamarsi passione. C'è una sfumatura diversa dall'amore, nell'amicizia tra Ugo Bellè e Spinella a Malta, o tra Aldora, la madre di Ugo Bellè e la Melissari. Ma essa è subordinata all'altra più forte, quella dell'amore e basta, testimoniato in forma alta nel racconto.
Ma che cosa è l'amore? Di esso possiamo dire che esiste, che è resistente, permane e che l'antidoto della storia, l'antidoto rispetto alla sua falsificazione, alla violenza, alla solitudine.
C'è ancora un elemento che bisogna sottolineare per comprendere la novità del libro. È il fatto che l'amore ha una sua epifania. Esso percorre come un motivo persistente in sottotono per esprimerci in termini musicali tutto il racconto ma esplode alla fine quando il lettore dava per scontato il trionfo dell'amore materno e si rivela come amore tout court. In una gerarchia si direbbe che l'amore coniugale batta quello materno, ne determini la finitezza per celebrare il suo trionfo in termini di ricominciamento e di trionfo della vita. C'è al termine una pagina che costituisce una sorta di laus vitae. La vita come evoluzione predilige le forze che guardano al futuro e non al passato. L'epifania di questo tipo di amore è così improvvisa da sorprendere il lettore come abbiano già detto. La storia si conduce tra storia globale e locale anche qui con struttura binaria, storia non di frontiera ma di mare. E poi non è tanto rivolta al passato quanto aperta verso il futuro. È questo il senso della storia d'amore della madre che accantona anche il suo amore per il figlio per il nuovo.