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In morte di un ufficiale

Cataldi Giuseppe Italo Tripoli Pastorelli. il primo calabrese morto nella spedizione in Etiopia del 1935.
di Vincenzo Davoli*
Il porto di Massaua
Nel 2015 sono stati ricordati vari anniversari di eventi storici di rilevanza mondiale, tra cui: - il 70° anniversario della conclusione della 2ª guerra mondiale; -il centenario dell’entrata dell’Italia nella 1ª guerra mondiale – 24 maggio 1915; -il bicentenario della definitiva disfatta di Napoleone a Waterloo (giugno 1815).
Rispetto ai tali eventi è stato dimenticato l’80° anniversario dell’inizio (3 ottobre 1935) del conflitto armato che portò l’Italia a conquistare l’impero d’Etiopia. Nondimeno, ad ottanta anni dalla morte, vogliamo ricordare un giovane Ufficiale cosentino, che, quantunque sia deceduto quattro mesi prima dell’inizio delle ostilità, venne ufficialmente annoverato tra i primi italiani Caduti per la fondazione dell’impero.
Il suo nome, indicato in forma abbreviata, era Giuseppe Italo Cataldi, nato a Torano Castello, ma poi vissuto prevalentemente a Trebisacce. Per uno strano gioco del destino la sua breve esistenza fu strettamente legata all’Africa; e questo legame con il continente africano iniziò ancor prima che il bimbo Giuseppe venisse alla luce. Anche il padre si chiamava Giuseppe; era ferroviere e faceva servizio come capostazione a Torano Castello. La prima moglie era morta prematuramente; quindi Giuseppe si era risposato e come seconda consorte aveva preso Marietta Tavolaro, giovane sorella della prima moglie. Dalla seconda moglie il capostazione Cataldi ebbe quattro figli, e Giuseppe Italo fu uno di questi. Essendo capo di una stazione ferroviaria, seppur di provincia, Giuseppe Cataldi aveva facile accesso ai due mezzi di comunicazione più importanti del primo Novecento: il telegrafo e i giornali quotidiani. Grazie all’assidua lettura dei quotidiani Cataldi era aggiornato su fatti ed eventi italiani ed esteri.
Alla fine di settembre 1911, mentre Marietta Tavolaro era incinta ed aveva superato il sesto mese di gravidanza, il marito Giuseppe seguiva con vivo interesse le fasi iniziali della guerra che l’Italia aveva mosso all’Impero turco, con l’intento di occupare la Libia. Il 29-09-1911 l’Italia dichiarò guerra alla Turchia, dopo che la stessa aveva dato una risposta evasiva all’ultimatum italiano del 27-9-1911. La flotta italiana sbarcò ed occupò Tripoli il 5 ottobre 1911; ma l’avanzata delle truppe italiane, per occupare altre località costiere e del primo entroterra, fu molto contrastata dagli indigeni libici e dalle guarnigioni turche. In particolare il 4-12-1911 gli italiani sostennero un cruento combattimento per conquistare il campo trincerato di Ain Zara, sito 8 km a sud di Tripoli; il campo, presidiato da ottomila uomini e munito di una batteria di 7 cannoni Krupp, era una base importante per i turchi ottomani che da lì partivano per attaccare Tripoli occupata dagli italiani. Nella vittoriosa battaglia di Ain Zara era morto, combattendo valorosamente, il colonnello Giovanni Pastorelli, comandante del 40° reggimento, che guidava l’avanguardia della colonna inviata all’attacco di quel campo trincerato. Sicuramente il capostazione Cataldi aveva letto delle gesta eroiche di Pastorelli e delle onoranze che subito gli erano state tributate (l’anno dopo fu anche decorato alla memoria con la medaglia d’oro al valor militare).
Quattordici giorni dopo la morte gloriosa del colonnello, e quindi il 18-12-1911 alle ore 18,30 nell'alloggio della stazione ferroviaria di Torano Castello, Marietta Tavolaro partorì un maschietto. Il padre volle attribuire al figlioletto quattro nomi: Giuseppe Italo Tripoli Pastorelli. Con tale scelta di nomi il capostazione Cataldi manifestò apertamente i suoi sentimenti patriottici e in certo qual modo legò il proprio figlio ad un quadruplice patto di sangue: a sé, Giuseppe, come genitore; alla Patria, attribuendogli Italo come secondo nome; al capoluogo libico da pochi mesi conquistato, dandogli come terzo nome, Tripoli; al primo Ufficiale italiano deceduto in Libia, ossia in Africa settentrionale, attribuendogli come quarto nome addirittura il cognome del summenzionato colonnello Pastorelli, primo Caduto tra gli Ufficiali nella conquista della Libia. Se “Giuseppe” e “Italo” sono normali nomi propri di persona, la scelta di aggiungere, come 3° e 4° nome, il toponimo “Tripoli” e il cognome “Pastorelli” si potrebbe attribuire ai sogni, ai desideri di un padre che voleva legare un fatto privato, la nascita del figlio, alle epiche imprese italiane in Africa, con l’occupazione di Tripoli e la morte gloriosa dell’Ufficiale Caduto da eroe. Ma nel caso del piccolo Cataldi il detto latino “Nomen omen” finì per essere un triste presagio.
Qualche anno dopo il capostazione Cataldi fu spostato da Torano Castello e trasferito alla stazione di Trebisacce. In questa località marina Giuseppe Italo trascorse tranquillamente la fanciullezza e la giovinezza. Nei primi anni di gioventù Cataldi frequentò e si diplomò alle scuole tecniche, equivalenti all’attuale Istituto per Geometri. Completati gli studi, il giovane Giuseppe Italo fu chiamato alle armi. Volendo abbracciare la carriera militare si iscrisse al corso allievi Ufficiali. Frequentò il corso anche a Verona, dove conobbe una ragazza, con la quale ebbe una breve storia d’amore.
Entrato nell’Arma del Genio, Cataldi fu inquadrato come Sottotenente nel 10° Reggimento Genio, che aveva sede a Caserta.
Le Compagnie del 10° Genio, talvolta aggregate a Legioni di Camicie nere, talaltra a Reggimenti del Regio Esercito, furono tra le prime a partire per l’Africa in previsione dell’inizio di un conflitto armato tra l’Italia e l’Etiopia. Pur non conoscendo la data di sbarco di Cataldi a Massaua (probabilmente a maggio 1935), è comunque certo che la sua permanenza in Eritrea fu di brevissima durata e si limitò a quella città portuale del Bassopiano affacciata sul Mar Rosso. Massaua è tormentata da un clima insopportabile per via delle temperature altissime (di norma oltre i 35 °C) che vi si misurano in tutto il corso dell’anno, con oscillazioni assai basse da un mese all’altro. Chi vi sostava per qualche tempo era estenuato dal suo clima umido e appiccicoso, ovvero oppresso e soffocato dal caldo torrido come se provenisse da fornaci ardenti. Per il giovane Cataldi l’impatto con il terribile clima di Massaua fu deleterio. Colpito da influenza, probabilmente accompagnata da disturbi intestinali, il sottotenente fu ricoverato all’ospedale civile della città. Per riferire le circostanze e le modalità del decesso di Cataldi riportiamo ampi stralci del suo atto di morte, trascritto il 27/7/1936 (a distanza di oltre un anno dal triste evento) nella Parte II, serie C del registro morti di Trebisacce: Colonia Eritrea – Commissariato Regionale del Bassopiano Orientale – Ufficio dello Stato Civile- …Avendo ricevuto dal Direttore dell’ospedale civile Umberto I un avviso in data 2 giugno, relativo alla morte di cui in appresso … do atto che ad ore 13 e minuti 15 del giorno 2 giugno 1935 è deceduto nel suddetto ospedale per influenza complicata da colpo di calore il Sottotenente Cataldi Giuseppe Italo del decimo Reggimento Genio.
Dunque la morte del povero Cataldi fu attribuita ad una grave forma influenzale insorta in seguito ad un micidiale colpo di calore, probabilmente capitatogli pochi giorni dopo lo sbarco in Eritrea. In seguito alla mobilitazione di varie unità dell’Esercito e della Milizia per la prevedibile campagna di guerra in Africa Orientale, già nei mesi di aprile e maggio, ed ancor più nei successivi mesi estivi, Massaua e il suo porto furono investiti da un flusso enorme di militari, quadrupedi, automezzi, aerei smontati, macchinari e attrezzature varie, armamenti e munizioni, viveri e materiali di ogni genere. Poiché le gru e le attrezzature di scarico non riuscivano a smaltire rapidamente quanto era stivato nei piroscafi che man mano attraccavano ai moli del porto, ed essendo le banchine, le tettoie, i magazzini continuamente intasati, occorrevano almeno due o tre giorni per scaricare completamente un piroscafo di media stazza. Così Mario Appelius descrisse l’attività febbrile che ferveva in quei mesi al porto di Massaua. “Navi, navi, navi. Un bagliore di alto forno. Una temperatura da serra tropicale. Mosche. Zanzare. Fragore. Rombi di autocarri. Stridore metallico di verricelli in perpetuo movimento. Urli di sirene. Fischi di locomotive … Un quadro infernale o sublime secondo il punto di vista nel quale l’osservatore si collocava .. Chi sbarcava merci brontolava contro chi le lasciava ammassare nelle banchine. Chi doveva sgombrare le banchine brontolava contro la ferrovia e contro gli automezzi che non arrivavano a portar via i materiali”.
In quella situazione di calura opprimente, di sporcizia, di polvere, di sovreccitazione e caos organizzativo, è probabile che il Sottotenente Cataldi sia rimasto a lungo sulle assolate banchine, impegnato a vigilare e controllare che le merci e i materiali del reggimento, e soprattutto le attrezzature speciali del Corpo del Genio fossero scaricate con cura e attenzione, evitando urti, danni, rotture. Rimanendo esposto al cocente sole tropicale, senza adottare le dovute precauzioni e protezioni, il povero Cataldi sarà stato colpito da forte insolazione con qualche congestione cerebrale e quella influenza complicata (come è scritto nell’atto di morte) che ne provocarono il decesso.
Il Sottotenente fu quindi sepolto nel sacrario militare italiano di Massaua.
In Italia la notizia della morte di Cataldi fu riportata nel 1° bollettino dei militari (7 Ufficiali e 30 tra Sottufficiali, graduati e soldati) deceduti in Africa Orientale per malattie o per incidenti, nel periodo dal 1° gennaio al 25 giugno 1935. Tra i 7 Ufficiali è indicato il Sottotenente del Genio Giuseppe Castoldi da Trebisacce; al di là della lieve storpiatura del cognome, si tratta del nostro Sottotenente calabrese.
Cataldi Giuseppe, deceduto il 2 giugno 1935, risulta essere il primo in ordine cronologico di tutti i militari calabresi morti in quella campagna di guerra ed anche il primo Caduto fra tutti gli Ufficiali dell’Italia centro-meridionale, ed il terzo fra tutti gli Ufficiali dell’Italia intera, preceduto soltanto in quel doloroso elenco da due Capitani del Nord Italia entrambi morti per malattia.
Il 2 giugno 1935 con il decesso di Cataldi iniziò lo stillicidio dei militari calabresi morti per la campagna di guerra in Africa Orientale; da allora, fino a dicembre 1939 morirono circa 360 militari della Calabria. È amaro constatare come il primo Caduto sia stato proprio colui sul quale il padre, animato da intensi sentimenti patriottici, aveva riposto tanto grandi speranze di futura gloria africana da aver voluto attribuirgli alla nascita, dopo Giuseppe, i tre fatidici nomi Italo Tripoli Pastorelli.
*Studioso di storia locale
L'autore ringrazia i giornalisti Roberto Galasso di Torano Castello, Franco Maurella di Trebisacce, e Bruno Pino di Aiello Calabro per le preziose informazioni fornitegli.


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