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Belmoro di Alvaro (parte 3)

Gaetanina Sicari Ruffo
Siamo nel caos postapocalittico determinato da una conflagrazione atomica che ha sconvolto ogni ordine, ha cancellato i fasti del passato e ridotto i frammenti di esso a pure forme archeologiche, ornamentali, buone per ornare qualche bottega di rigattiere.
Gli uomini sono ombre di uomini. AndCo, un uomo senz'anima con il cuore di cellophan, Larcaris, un ibernato che garantisce la perpetuazione della specie e poi Ippolito, Braccio, Marino, Populos, nuovi Proci variamente caratterizzati.
La parola viene usata nel linguaggio quotidiano, senza alcuna ascendenza culturale che così scompare. Resta il suo significato concreto, fisico: Le parole, adoperate nella loro forma tradizionale significavano però un'altra cosa, come Democrazia, Libertà, Popolo. Tutta la fatica consisteva nel trovare parole che giustificassero qualsiasi azione e qualsiasi atteggiamento... Per esempio la parola Pace, che si pronunziava volendo significare Guerra, giacchè questa parola a sua volta cadeva in disuso. Così la parola Morire era sostituita dalla parola Spegnersi o Scomparire. Come la parola Amore era sostituita dalla parola Sesso e Possesso.
L'amore infatti era una bella favola d'altri tempi. Ora c'era l'eros arido ed asfittico. L'amore concepito prima era impedito dalla civiltà (si fa per dire) dell'Unione dominata dalla “smania di sciupare e di corrompere”: Agognavo di abbracciare un essere, simile a me, stendermi accanto ad esso, parlare, udire le sue parole, sentire il suo calore...”
Insomma Belmoro conserva traccia dei sentimenti come in un sogno e questi gli fanno ripudiare tutto ciò con cui viene a contatto come fosse degradato e turpe.
Egli intende così denunziare la civiltà delle immagini, la manipolazione genetica, il pansessualismo, il desiderio di ricchezza, l'erotismo del potere e della supremazia, l'omologazione massificante, il divismo ed il consumismo.
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