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La buona scuola

di Carmelina Sicari
Ci sono innumerevoli manifestazioni contro la buona scuola, quella proposta per intenderci con la riforma ultima.
Per il ministro l'idea di una buona scuola sembra coincidere con lo snellimento burocratico, con la ristrutturazione dell'edilizia, con una serie di fattori per così dire materiali.
Non è un caso che ad un'intervista recente rispondevo pessimisticamente che sull'efficacia della mia attività come dirigente scolastico, ero pronta a dichiararla fallimentare. E come me tanti altri.
Ma a rifletterci non è così. I ricordi di scuola ci dicono altro.
Il giovane folgorato dall'Operetta leopardiana del dialogo della natura e di un islandese: Si aspettava il bonismo, il lieto fine, l'ipocrisia di un moralismo scontato ed invece il finale dell'operetta leopardiana con l'islandese che dopo averla cercata invano, incontra finalmente la natura, è strepitoso. Lui cerca la felicità, le chiede conto di questo e mentre parla un leone lo divora e la natura indifferente e muta assiste alla sua stolida fine. Il giovane si scrisse a lettere.
E così l'altro, bocciato a più riprese perché, affetto da dislessia, scriveva di sbieco per l'intera pagina appena il suo nome, infine un giorno disse: - Ora voglio scrivere dritto - e così fece. Divenne un genio della chimica.
Il rischio più alto infatti della buona scuola, quella che è intransigente verso la diversità, è quello di perdere possibili geni.
Gli episodi si moltiplicano. Un'allieva non studia religione e viene respinta in tronco per questo. La docente integralista minaccia a norma di concordato gli altri, per il rispetto del voto e la condanna definitiva alla bocciatura.
La buona scuola è quella che ha passione, che coltiva l'entusiasmo per la gioventù, per la sua diversità, per i talenti. La buona scuola fa a meno di per se stessa della burocrazia. Non che l'edilizia corretta non sia necessaria così come l'avviamento al lavoro ma occorre anche qui responsabilità.
L'idea dell'integrazione nel territorio per scoprire nuove forme di sviluppo e per creare lavoro mi aveva suggerito una formula che non ha avuto al tempo grande fortuna.
Educazione al territorio. Significava conoscenza della storia, della morfologia, della geografia del territorio per comprenderne le reali risorse. Nell'ideale catalogo della buona scuola, al primo posto la passione che presuppone l'entusiasmo per ciò che è diverso e l'attesa, la pazienza della maturazione.
Al secondo posto la conoscenza del territorio per curare la disaffezione di ciò che è vicino e l'allucinazione mitoligizzante per ciò che è lontano che è fenomeno tipico del nostro tempo.
Al terzo posto la valutazione e siamo qui ad un punto della contestazione odierna. La valutazione deve essere propositiva, promozionale, non selettiva e arbitraria secondo i nostri gusti e le nostre esperienze. Ai miei tempi il pensiero pedagogico personalistico anche tedesco (Spranger), quam mutatus rispetto ad ora, parlava degli esami come draghi sul cammino. La valutazione non può essere condotta sulla rapidità, sui trabocchetti logici semza attesa, senza fiducia. Non può avere per slogan, più si boccia e più si è nel giusto. Ha una sua mistica che nella religione si chiama perdono, misericordia e che qui guarda al recupero. Più allievi si recuperano dal disagio più si è nel vero.
La buona scuola come dice l'esegesi di 'buona' è quella che guarda al bene ed alla socratica felicità di ognuno.

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