Gravi
sconvolgimenti si stanno verificando nel nostro mondo, tanto da
indurci a chiedere quale sarà il nostro futuro. Sono eventi
catastrofici che spingono masse di popolazioni ad emigrare in cerca
di rifugi più sicuri, sono eventi geografici di particolare gravità
che trasformano il volto del nostro pianeta sottraendo la vivibilità
di tempi passati, guerre ed epidemie che spopolano e intimoriscono.
Il
nostro più grande scrittore calabrese aveva già dato un volto a
questi timori che affioravano al suo tempo ed aveva cominciato a
scrivere “Belmoro”, un libro che, dopo molte pagine, era poi
rimasto incompiuto con una terrificante storia della trasformazione
della terra e dei suoi falsi miti, nel senso d'una degenerazione
dopo una crisi epocale.
Riprendo
in mano questo testo che sembra parallelo al 1984 di Orwell. È stato
definito, prima di cadere nel dimenticatoio, una fabula
letteraria, pubblicato da Bompiani postumo nel '57.
D'ora
in poi ad intervalli, m'incaricherò di metterne in luce i tratti
essenziali perché sia meglio conosciuto.
Si
può ritenere un'antiutopia, al contrario della Città del Sole di
T. Campanella non nel senso dunque d'una renovatio,
ma di
una destructio.
Il
protagonista è ridotto in schiavitù e vi sono due mondi
contrapposti: Magnitudo
ed Energheiton
con stadi della società umana che vanno da quella ferina a quella
tecnologica. Il testo appare spurio rispetto alle altre precedenti
opere dell'autore alle quali l'elemento autobiografico, pur
trasfigurato, appare una costante. Appartiene infatti ad un futuro
non verosimile, quasi impossibile e strano, dove tutto ciò che è
considerato umano è stravolto. Un'opera fantastica dunque, ma con
elementi di straordinaria attuale veridicità che ha a che fare con
un'astronave con cui il protagonista viene e vive per qualche tempo e
poi va via fuori dal pianeta terra.
(Qui parte seconda)
(Qui parte seconda)
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