Cento
anni fa, il 18 febbraio 1915, a Firenze, all'età di 86 anni, moriva
Costantino Arlìa, illustre filologo calabrese. Era stato magistrato
e poi funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia. Ma aveva
dedicato gran parte della sua vita allo studio della lingua italiana.
Una passione forte ed una competenza filologica e lessicografica, che
lo avevano portato a diventare accademico della Crusca.
Nato
ad Aiello Calabro (Cs) nell'agosto 1828, si forma al seminario di
Tropea. Dopo un periodo da autodidatta, prosegue gli studi a Napoli
dove si laurea in giurisprudenza. Iniziata nel 1861 la carriera in
magistratura come Procuratore del Re presso il Tribunale di Ivrea,
passa come funzionario al Ministero di Grazia e Giustizia, prima a
Torino, e poi a Roma. Dimessosi per motivi di salute dall’incarico
ministeriale, si trasferisce agli inizi del 1891, a Firenze, dove
trascorre la parte finale della vita, insieme alla moglie.
Di
lui si parla nell'Enciclopedia Italiana Treccani e nel Dizionario
Enciclopedico UTET, oltre che in "Gli Scrittori delle Calabrie",
e nella "Bibliografia e Biografia calabra".
Per
l'Arlìa, la purezza linguistica – come si evince dal Lessico
dell'infima e corrotta italianità, scritto insieme a Pietro
Fanfani (la prima edizione per i tipi di Paolo Carrara di Milano è
del 1877, a cui ne seguiranno altre) - fu tra le sue più vive
preoccupazioni. Tanto che, come riferisce la voce a lui dedicata nel
Dizionario Biografico degli Italiani, il Carducci lo definirà
“puntiglioso linguaiolo”.
Tra
le altre pubblicazioni il “Dizionario bibliografico”, edito a
Milano fra i manuali Hoepli nel 1892, una raccolta di locazioni e
voci del linguaggio bibliografico; “Voci e maniere di lingua viva”
(Milano, 1895); “Del linguaggio degli artigiani fiorentini”
(ibid. 1876); “Filologia spicciola” (Firenze, 1889); “Passatempi
filologici” (Milano, 1903), ecc.
Molti
suoi manoscritti - oltre alla documentazione prodotta
dallo studioso custodita
all'Accademia della Crusca - sono conservati ancora presso l'Istituto
Lombardo dell'Accademia di Scienze e Lettere, nonostante avesse
ordinato, prima di morire, e divenuto oramai cieco, che fossero dati
alle fiamme. Alla Biblioteca Marucelliana di Firenze, invece, si
trovano un corposo carteggio ed altre lettere di Chiaro Chiari e di
Pietro Fanfani, donate nel 1936 alla biblioteca dalla vedova.
La
riconosciuta importanza degli studi di Arlìa, però non ha sortito,
come invece avrebbe dovuto, l'interesse da parte delle istituzioni
culturali, che non hanno inteso, per motivi che disconosciamo, fare
una celebrazione del centenario, come avevamo suggerito sulla stampa,
giàanni fa e in diverse occasioni, ma senza successo.
Tuttavia,
se è sfuggita questa ricorrenza del 18 febbraio, volendo, si può
sempre pensare di organizzare, nei prossimi mesi, almeno un convegno,
un incontro, una conferenza. Intanto, anche un po' per provocazione,
è in corso una commemorazione, virtuale, sui social network.
Link utili
- http://brunopino.blogspot.it/2015/01/celebrazione-virtuale-del-centenario-di.html
- https://plus.google.com/events/caahqhi28k2meig1ih2asp1k2lc
- https://www.facebook.com/events/1622101278017650/
- https://plus.google.com/events/caahqhi28k2meig1ih2asp1k2lc
- https://www.facebook.com/events/1622101278017650/
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Qui
di seguito, tratte dal Lessico di Arlìa e Fanfani, un paio di
parole “straniere” del linguaggio giornalistico, che ci
riguardano da vicino, commentate dai due studiosi.
PUBBLICISTA.
Vale Autore di gius pubblico, ma viene di fuori, e a noi
italiani dovrebbe bastare: Scrittore politico. Es.: Il
Macchiavelli è il primo tra gli scrittori politici - Il Paruta, il
Giannotti, il Guicciardini ec. furono valenti e come scrittori di
politica, e come politici nel trattare le pubbliche faccende.
Ora
il titolo di Pubblicista se lo danno coloro che scrivono su
per i giornali a tanto il braccio, o meglio la linea, dove spesso e
volentieri manca... anche la grammatica, figurarsi poi le nozioni
scientifiche!
REPORTER.
Un tempo bastava la voce Corrispondente per indicare colui
che scrive Corrispondenze, e Compilatore per quello che
scrive gli articoli pe' giornali; ma da alquanti anni in qua non
bastano più questi nomi, e si è corso fino in Inghilterra a
pescare il Reporter.
Ma
qui cade acconcio un fatterello aneddoto fresco fresco circa il
riprovevole e riprovato uso delle voci straniere. Da poco da'
giornalisti era stata introdotta la voce Reporter, quando un
giorno in un crocchio uno leggeva in un giornale: «Ieri fu
bastonato di santa ragione il sig. G., uno de' reporter della
Gazzetta d'Italia...»
«Maledette
quelle che son ite di fuori» dissero a una voce tutti coloro che
udirono tal lettura. Ma, di grazia, Reporter che vuol dire?
domandò uno: niuno seppe rispondere! E noi che diremo? Prima oltre
alle voci di Compilatore e di Corrispondente, qui sopra
citate, coloro che attendevano a' fogli periodici dicevansi anche
in generale Gli scrittori o Cooperatori: che ora c'è
il Reporter, che noi chiameremmo il Ragguagliatore, e
meglio il popolino chiamerebbe Il carotajo dalla merce che
spaccia. Ma, lasciando da parte lo scherzo, ecco come il Davanzati,
nella versione negli Annali di Tacito rese in due luoghi la
voce corrispondente a quella del tema. Nel Lib. IV, § LX pose : «
Questi curri
non lo inducevano a mali pensieri ma a parole superbe, mal pesate; le
quali essendo da' raccoglitori a ciò tenuti, riportate maggiori, e
Nerone non lasciato scusarsene, partorivano vari fastidi;» e nel
Lib. VI, § XXIV : « E rimproverò al morto il laido corpo, e
l'animo pestifero a' suoi e nemico della repubblica; e fece
leggere, ciocché egli aveva detto e fatto dì per di, atrociti non
udita, avergli tenuto tanti anni raccoglitori de' mai visi, sospiri,
borbottìi, ec. »
Lasciando
da parte la voce inglese. Reporter,
pronunziata poi in cento modi diversi, non abbiamo da sostituirle,
oltre le voci di Raccoglitore,
Ragguagliatore
(che sarebbe la più propria) anche le vive e fresche di
Referendario,
Relatore,
che tale appunto in inglese il significato del vocabolo Reporter?
Ma ora che anche il Vocabolario dell'Accademia francese (VII Ed.)
ha registrato questa voce inglese come di gergo
(Intendete?) di gergo giornalistico, chi la leva più di bocca agli
Italiani?