Parte seconda
di Carmelina Sicari
Il discorso
dell'unificazione o della separazione del sud merita un'aggiunta che
da più parti mi viene richiesta. Non la semplice riflessione, ovvia
in certo senso, che se l'unificazione fosse partita dal Sud, tutto
sarebbe stato diverso. La storia non si fa con i se. Ma la
consapevolezza che la questione meridionale possa esser letta in modo
diverso.
Eppure a questa storia
invertita con al centro un'unificazione partita dal sud, non pochi
hanno creduto: innanzitutto dicevamo i Normanni. Che strano: uomini,
combattenti del Nord Europa che intendono ricostruire un regno
partendo dal Sud. I Normanni si sentivano eredi dei carolingi non
solo nella vocazione guerriera quanto proprio nell'intenzione
unitaria del territorio. Non è un caso che proprio al Sud sorge in
modo singolare l'epopea parallela a quella carolingia delle Canzoni
di gesta, la Canzone d'Aspromonte, in cui la montagna diviene il
fronte a Sud dell'Europa, frontiera invalicabile rispetto al pericolo
musulmano. Ma i Normanni sono costretti a cedere. Tra loro e il sogno
dell'unità c'è lo stato pontificio. Invano cercano di ingraziarsi
il papato con la sostituzione del latino al greco, perché intanto
la Chiesa di oriente si era staccata da quella di occidente. Così
come Federico II aveva tentato con la crociata di ingraziarsi
Innocenzo III. Ma le numerose abbazie a rito latino con particolari
benefici non bastarono ad aprirgli la strada oltre Roma. Né bastò
la riforma dello stato, l'attento controllo attraverso i messi, la
creazione di un'efficiente rete burocratica. Il sud ricadde nella
condizione di prima, un medioevo fumoso.
Il sogno
dell'unificazione riprende all'avvento della modernità nientemeno
con un napoleonide, Murat erede della cultura romantica della
nazione e di quella tutta tedesca della Heimat, della patria-madre.
Inaspettatamente il proclama del 1814 celebrato da Manzoni parla di
unità dell'Italia. I patrioti stupiti devono registrare il fatto
che l'idea di unità sia partita da uno straniero. Il sogno di
unificazione a partire dal Sud si infrange per Murat a Pizzo dove
viene fucilato.
Ma il tentativo più
clamoroso e scandalosamente fallito, è quello di Garibaldi che
parte dal sud per l'unità. L'ispiratore è Mazzini che aveva già
con la spedizione di Sapri tentato la via dell'insurrezione a partire
dal Sud. Eran trecento, eran giovani e forti e son morti. Suona così
La spigolatrice di Sapri. Ma la via di Garibaldi viene intercettata
prima a Teano dove con il saluto al re di Italia, il condottiero
sacrifica il suo sogno e poi in Aspromonte, nel '62 quando viene
ferito alla gamba. Aspromonte segna la punta dello scandalo, l'eroe
dell'unità ferito dai piemontesi. La saga popolare canta di nuovo
Garibaldi fu ferito, fu ferito in Aspromonte. Ma anche la poesia
ufficiale si aggrega al canto. In Levia gravia Carducci titola Dopo
Aspromonte una poesia in lode del condottiero. Lì le querce
dell'Aspromonte si trasformano in lauri e a nessuno sfugge che la
necessità della ragion di stato ha sconfessato la genuinità del
concetto di patria.
Il sogno dell'unità a partire dal Sud tramonta definitivamente.
Il sogno dell'unità a partire dal Sud tramonta definitivamente.
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