(da Il Quotidiano del Sud del 27 ottobre 2014, pag. 42)
CARO
direttore, sul Quotidiano di venerdì 24 ottobre scrivi che «il
traguardo raggiunto dalla città dei Sassi dimostra che un altro Sud
è possibile» e ti chiedi subito dopo: «la Calabria potrebbe
essere, quindi, diversa da quella che è oggi? C’è un futuro per
questa terra? E, soprattutto, quale potrebbe essere la chiave di
volta?». Il dibattito si è aperto all’indomani della scelta di
Matera come capitale europea della cultura per il 2019 e ad esso
hanno già dato il proprio contributo i soliti noti intellettuali
calabresi con argomentazioni “trite e ritrite”. Da decenni si
parla delle bellezze della nostra terra, delle risorse, della storia,
dell’arte, dei riti e finanche della cucina come possibili
“volani” di sviluppo. Non c’è occasione in cui non si ripete
sempre la “solita solfa”: “Povera Calabria, terra bella e
ricca di risorse di ogni genere, ma disgraziata e ingrata con i suoi
figli” come se i suoi figli fossero avulsi dal suo destino. Si
prosegue poi citando maledizioni, profezie, cultura, agricoltura,
divario Nord-Sud e sua origine per finire con il solito mantra della
lagnanza, ovvero “alla Calabria non basta lamentarsi”.
Discorsi del genere non si reggono più.
Un
altro Sud è possibile –ed è già sotto i nostri occhi seppur
all’inizio – un’altra Calabria no. I motivi? In minima parte
sono quelli che cita Michele Albanese nel suo intervento, cioè
l’incapacità dei calabresi di fare squadra e la ‘ndrangheta che
è una mentalità. Niente di più vero. Ma c’è altro. Ieri sono
state pubblicate dai giornali le liste dei candidati alle prossime
elezioni regionali del 23 novembre. I candidati non sono stati una
sorpresa, a dispetto degli slogan confezionati nei periodi
pre-pre-elettorali che invocavano un presunto nuovo che avanza.
Niente di più falso, i candidati, in massima parte, sono i
personaggi di sempre, ex assessori, ex consiglieri, politici (pseudo)
di professione che da decenni muovono i fili della politica calabrese
e che poco contano nel panorama nazionale. Non ci spiegheremmo
altrimenti la deriva della nostra regione. In prossimità delle
consultazioni e in occasione del dibattito avviato sul Quotidiano,
sarebbe bene, o meglio, è doveroso che i Calabresi tutti si
interroghino su quanto è stato fatto dai “freschi” candidati per
la nostra regione. E se la Calabria è da tempo immemore il fanalino
di coda, la cenerentola d’Europa e altre perifrasi simili, avranno
delle responsabilità questi freschi candidati-stantii politici?
Perché continuare allora ad essere apostrofati con le perifrasi di
cui sopra per i decenni a venire? Il futuro potremo costruirlo solo
con uomini nuovi e la chiave di volta che il direttore Valenti si
chiede quale possa essere è pretendere di essere governati da gente
nuova e motivata. Accettare ora le liste e votare poi i candidati di
oggi significa non solo foraggiare i “politici” che hanno
distrutto la Calabria a proprio vantaggio, ma soprattutto
mantenere la nostra terra nell’inferno in cui si trova. E al
prossimo dibattito scrivere ancora di profezie, maledizioni, cultura
e agricoltura. È l’ultima occasione, tra cinque anni il mondo,
tra cui la virtuosa Basilicata, sarà proiettato in una
dimensione futuristica, noi saremo ancora “quelli della pietra e
della fionda”.
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