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L'ultima serata di Tabularasa a Reggio, con Paolini

di Gaetanina Sicari Ruffo
E' stato un successo, per l'ultima di Tabularasa, il 31 luglio, l'incontro con Marco Paolini, il noto attore del teatro civile che ha raccontato i suoi inizi e la sua vocazione di coniugare politica ed arte. Viviamo - egli ha detto - in un paese che ha familiarità con le tragedie, dal terremoto del 1908 fino a quelli più recenti, dal Vajont  ad Ustica e così via. Non c'è bisogno di portare sulla scena la tragedia greca, perché noi abbiamo la nostra che si rinnova continuamente.
Così egli s'è dedicato a raccontare questi drammi ed ogni tanto tentare di raddolcirli con qualche spunto di commedia. Ridere e piangere sono quasi la stessa cosa, perché nascono da forti emozioni. La folla accorsa per ascoltarlo sembra incantata. Eppure la scena è nuda con qualche divano per conversare con gli organizzatori della bella ed interessante pérformance che è durata un intero mese. Non occorre altro, la  parola del personaggio fa il resto. L'attore conversa, recita, ride, rimbrotta, si fa serio sempre in modo convincente. E' la sua prima volta a Reggio Calabria, ma sembra uno di casa che conosce bene a fondo la gente che gli sta davanti. Rivela di possedere una grande umanità e quando discorre lo fa con il cuore in mano, con la spontaneità d'un amico che ti ha incontrato e che è lieto di salutarti. 
Il suo linguaggio non ha bisogno di conoscere le tecniche della comunicazione, forte, spigliato e spontaneo sembra gli sia connaturato con quella abilità tutta naturale di tradurre il pensiero in parole che si possiede senza aver fatto nessuna scuola di dizione e di recitazione.

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