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Una rivisitazione della storia del mezzogiorno e del ruolo di T. Campanella nella congiura antispagnola


di Gaetanina Sicari Ruffo
Nell'inserto domenicale La Lettura del Corriere della Sera c'è un articolo del giornalista-scrittore Aldo Cazzullo che introduce un libro di storia sul Mezzogiorno, rivisitata da Rosario Villari, un autorevole storico calabrese, noto per i suoi saggi che ormai fanno testo, come: Il sud nella storia d'Italia (Laterza,1961), La rivolta antispagnola a Napoli (Laterza 1967), L'uomo barocco (Laterza 1991) e tanti altri ormai divenuti classici.
Il suo nuovo testo è in libreria dal 29 maggio e s'intitola: Un sogno di libertà. Napoli nel declino d'un impero. 1545-1648 (Mondadori).
Riprendendo i prodromi  d'un antico discorso che da una parte riguarda la polemica antiborbonica, ancora esistente, dall'altra presenta come falsa l'immagine d'un mezzogiorno ribelle, irresponsabile e violento tout court, lo storico spezza ora una lancia in favore delle popolazioni meridionali che hanno coltivato e coltivano “un sogno di libertà” non per calcolo e opportunismo, ma per un progetto riformista a largo raggio, incontrando, questo sì, grandi difficoltà.

Venendo poi a parlare  del filosofo T. Campanella e della sua presunta congiura antispagnola, lo storico così scrive: “Appare sorprendente l'attribuzione a Campanella  del disegno di convogliare in un movimento antispagnolo di indipendenza le esasperazioni ed i fermenti della crisi sociale,spirituale e politica  di fine secolo. La sua cosiddetta congiura (1959) oscillò secondo le dichiarazioni e le denunce dei suoi accusatori, fra tre soluzioni non solo inverosimili in se stesse, ma anche tra loro contrastanti. Il trasferimento del Regno al Papa, la sua annessione all'impero turco, e la creazione d'una repubblica, di “una città del sole”, tra i boschi, le città e le valli, belle e spesso devastate da alluvioni e frane dell'Aspromonte”.
Insomma Campanella fu un riformatore che sapeva accendere la fantasia e la speranza del popolo, ma non un rivoluzionario, cosa che per tutta la vita egli stesso sostenne, quando più volte ribadì, anche sotto tortura, impossibile “ch'un solo fraticello volesse ribellare un regno dal più possente monarca del mondo”.
Giudizio oltremodo interessante questo di Rosario Villari e soprattutto moderato se si pensa all'appassionata tesi del coinvolgimento nella congiura del filosofo di Stilo, sostenuta  dallo studioso Luigi Firpo che nel suo intenso studio, a partire da Ricerche campanelliane del 1947, Sansoni a Tutte le opere di T. Campanella edite da  Mondadori, Milano 1954.

Commenti

  1. è vero che Villari rivisita il problema della cosiddetta congiura di Campanella ma è anche vero (su questo nell'altresì eccellente pezzo di Cazzullo c'è un fraintendimento) che fornisce nuovi e importanti elementi sul ruolo di Campanella nella formazione della cultura politica meridionale. Basti osservare quanto Villari dimostri che Campanella fu essenziale nella formazione delle correnti indipendentistiche, che divennero dominanti nella Rivoluzione dopo la caduta del leader della prima fase di essa - Giulio Genoino - e portarono alla proclamazione della Repubblica napoletana finalmente autonoma dalla Spagna.

    Luca Addante

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