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La Rete e la politica. Un interessante dibattito al Salone del Libro di Torino tra Matteo Renzi e Luciano Canfora


di  Gaetanina Sicari Ruffo
Il dibattito ier l'altro nella Sala blu del Salone del Libro (qui) ha messo in evidenza un tema molto attuale: quale contributo può dare la Rete alla diffusione del pensiero politico ed alla maturazione d'una nuova classe dirigente?
Gli interlocutori erano molto noti: uno filologo di chiara fama dell'Università di Bari, nonché esponente della storia antica, moderna e contemporanea, presentata come un dramma perenne che coinvolge l'attenzione di chi ascolta, l'altro, sindaco di Firenze con chiare prospettive di innovazione sociale  per il prossimo futuro, nonché esperto mattatore della nuova classe  politica  giovanile.

Moderatore: Piergaetano Marchetti.
Per Canfora la Rete non rappresenta effettivamente una garanzia di affidabilità e di approfondimento di studio della realtà attuale, dal momento che non favorisce la distinzione del  vero dal falso, per il suo modo di mescolare le carte e accogliere tutte le voci, anche quelle distorte ad arte e fatte passare per obiettive.
Va presa quindi con molta prudenza e verificata.
Per il sindaco di Firenze, invece, essa è un ottimo strumento di divulgazione di massa  e può aiutare ad accrescere la conoscenza e a favorire il dibattito, specie nel settore politico, facilitando, come è successo per l'elezione di Obama, in America, un capillare sostrato di diffusione delle idee, creando delle correnti e dei supporter. Il pericolo esiste, come nel caso di Grillo, nella recente tornata elettorale, senza un vero programma indicativo di rinvenimento di risorse economiche, politiche e sociali, per la crisi attuale, ma che ha acquistato credito solo inveendo contro gli uni e gli altri presunti avversari, indiscriminatamente,  per mettersi in vista in una scena aperta di contrapposizione.
Nel discorso di Canfora, a proposito dell'inefficienza dei rimedi riconducibili alla Rete, si faceva l'esempio di una scuola, in Calabria (ci piacerebbe sapere dove), nella quale, per ovviare alla mancanza di una palestra, s'invitavano gli alunni a scendere e salire le scale dell'edificio, pensando così d'ottenere  benefici efficaci.

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