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Odg: caro Paissan, la verità non ammette omissis


ROMA – La nota con la quale “Giornalisti Calabria” riferisce del varo da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti delle “Linee Guida per la riforma della professione giornalistica” sin dal titolo – “Veleni e gratuite accuse” – non esprime compiutamente la natura e la qualità del dibattito che ha impegnato per tre giorni il Consiglio Nazionale e che ha consentito di verificare una larghissima e sostanziale adesione alla strategia con la quale l’Odg si appresta al confronto con il Governo. Ridurre l’impegnativo dibattito del Consiglio Nazionale ad un confronto tra Enzo Iacopino e Maurizio De Tilla – dipingendo pregiudizialmente il primo come il nemico numero uno dei pubblicisti – rappresenta una operazione caricaturale che fa davvero torto all’impegno e all’intelligenza dei consiglieri nazionali, di tutti i consiglieri nazionali, mentre finisce per apparire parziale e fuorviante attribuire colpe e meriti del risultato raggiunto all’esito di uno scontro, appunto al “veleno”, tra questi due valorosi colleghi.

Le Linee Guida rappresentano invece l’approdo di un lavoro che parte da lontano, ben prima degli ultimativi segnali del governo di Mario Monti, lavoro finalizzato a mettere l’Ordine nella condizione di affrontare in termini adeguati la sfida che i giornalisti italiani sono chiamati ad affrontare in una fase di straordinaria trasformazione degli assetti produttivi della comunicazione e dell’informazione i cui effetti già da tempo ricadono pesantemente sulla condizione di quanti – professionisti o pubblicisti che siano – lavorano nel settore.
Il gruppo dirigente dell’Ordine ha condiviso sin dall’inizio un percorso che nei giorni scorsi ha consentito al Consiglio Nazionale di esprimere, in termini realmente unitari, una posizione che permette di guardare al futuro prossimo con relativa fiducia, nella salvaguardia degli elementi essenziali dell’ordinamento giornalistico, mettendo la parola fine ad una polemica – tanto pretestuosa, sterile e dannosa quanto infondata, per quanto sostenuta da un’incessante campagna di disinformazione – secondo la quale il gruppo dirigente dell’Ordine avrebbe puntato alla liquidazione della componente pubblicistica nella nostra professione.
La continuità della presenza e del ruolo dell’Ordine, di “tutto” l’Ordine, ha rappresentato l’elemento fondamentale e prioritario della linea mantenuta costantemente e unitariamente dal comitato esecutivo dell’Ordine nazionale che ha trovato sintesi compiuta nelle Linee Guida, alla definizione delle quali ha contribuito non poco l’impegno di un gruppo di lavoro al quale hanno partecipato colleghi professionisti e pubblicisti di varia sensibilità e orientamento ideale quali Partipilo, Politi, Balzoni, Paglialunga, Bertello, Vitucci e, non ultimo, De Tilla.
Ecco perché appare davvero fuorviante riproporre il vecchio, ritrito schema della contrapposizione tra un presunto “uomo solo al comando” – con tutta evidenza Iacopino – e tutti gli altri: tesi ridicola e smentita dai fatti.
Fatti che ci dicono che il Presidente dell’Ordine si è in effetti scusato con Maurizio De Tilla ma solo per il tono usato nello scambio di opinioni, non certo per l’accusa di aver mantenuto un comportamento “scorretto”: e non va passata sotto silenzio la circostanza che, a conferma dell’esistenza di civiltà nei rapporti personali, lo stesso De Tilla si è a sua volta scusato per la stessa ragione con il Presidente dell’Odg; fatti, ancora, che dicono che i “diversi” consiglieri usciti al momento della votazione, con un atto di riconosciuta responsabilità che fa loro onore,  sono quattro pubblicisti su 150 componenti del Consiglio Nazionale e, infine, che sul documento finale si sono astenuti tre consiglieri, tutti, guarda caso, iscritti all’elenco dei professionisti.
Quanto poi alla nota allegata al documento e riferita all’improvvida e intempestiva iniziativa assunta dalla Giunta della Fnsi con il documento sulla riforma della professione trasmesso al Governo (?) proprio nella fase conclusiva dei lavori del Consiglio Nazionale dell’Ordine – iniziativa peraltro “condannata” (questo il termine usato) da tutti i numerosi colleghi intervenuti sull’argomento – è forse opportuno che i lettori di “Giornalisti Calabria” sappiano che essa non è stata allegata al testo delle linee guida per “volontà” di Iacopino ma che è frutto dello stesso gruppo di lavoro che ha definito il documento conclusivo.
Al di là di questa messa a punto, l’importante è che il disegno – se mai c’è stato in questi termini – di cancellare l’Ordine, con tutto quello che ne sarebbe seguito a cascata, è stato quanto meno stoppato e, nel periodo che ci separa dal prossimo agosto, è compito di tutti quanti hanno a cuore l’autonomia della nostra professione mettere in campo le risorse e le intelligenze adeguate a garantire la rinnovata continuità di una presenza tanto importante per la tutela dei cittadini.
Enrico Paissan
Vicepresidente Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti
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La nota di Enrico Paissan, che abbiamo volentieri pubblicato senza modificare una virgola, impone una doverosa considerazione ed alcune precisazioni. Il vice presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine accusa “Giornalisti Calabria” di non aver espresso “compiutamente”, nell’articolo “Veleni e gratuite accuse” pubblicato il 20 gennaio scorso, “la natura e la qualità del dibattito che ha impegnato per tre giorni il Consiglio nazionale”, rendendosi protagonista di una “operazione caricaturale” che “finisce per apparire parziale e fuorviante”.
Ci scusiamo con Paissan e con gli altri 149 consiglieri nazionali dell’Ordine (a proposito: erano tutti presenti?), ma non è certo compito nostro rendicontare tre giorni di dibattito; casomai spetterebbe all’Ordine darne dettagliatamente conto sul sito ufficiale che, ad un argomento di vitale importanza per il futuro dell’Albo, ha, invece, dedicato appena 9 righe, delle quali 4 per polemizzare con la Fnsi.
Un articolo giornalistico, dovrebbe saper bene Paissan, non è un resoconto stenografico. Se così fosse saremmo i primi ad invocare l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Nell’articolo richiamato da Paissan abbiamo pubblicato integralmente le “linee guida di riforma dell’ordinamento giornalistico”, approvate dal Consiglio nazionale, soffermandoci su due episodi che – a nostro giudizio – non potevano passare sotto silenzio, stimolati – ammettiamo – dal “messaggio” mandato alla Fnsi accusata di “invasione di campo” da un Ordine che, da qualche anno a questa parte, si occupa prevalentemente – senza averne titolo – di materie sindacali.
Ricordiamo che, paradossalmente, è stato il nostro quotidiano “Giornalisti Calabria” a lanciare, il 22 luglio, la petizione – a proposito, Paissan non l’ha ancora firmata -“No all’abolizione dell’Ordine dei giornalisti”, mentre in via Parigi si sceglieva la via del silenzio e ci si dimenticava di trasmettere ufficialmente a Montecitorio l’ordine del giorno votato dal Consiglio nazionale che seguiva la mozione ex art. 37 D.D. 18/7/2003 sottoscritta, il 30 marzo scorso, da ben 80 consiglieri sui 120 presenti, con la quale si invitava il presidente Enzo Iacopino (che non l’aveva sottoscritta) ad esprimere “parere negativo” alla riforma proposta dal Comitato ristretto della VII Commissione della Camera dei deputati.
Non siamo d’accordo con Paissan quando ci accusa di aver ridotto il tutto al “confronto” De Tilla-Iacopino. Nel primo capoverso del nostro articolo c’è tutta la notizia: «Dopo tre giorni di polemiche e di veleni, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha approvato senza alcun voto contrario, ma con diversi consiglieri che non hanno partecipato alla votazione uscendo dall’aula, le linee guida “per una riforma dell’ordinamento giornalistico, alla luce delle novità introdotte dalle legge 148/2011 e successive modificazioni”. “Linee guida” che, secondo l’Odg, “sono il punto di arrivo di un percorso decennale di autoriforma”». Poi si entra nelle considerazioni che – vivaddio – Enrico Paissan può condividere o no.
Considerazioni – attenzione – non certo frutto di opinioni personali, ma dettate da fatti. I “fatti”, caro vice presidente dell’Ordine, stanno nei termini descritti. Le scuse di Iacopino a de Tilla non sono certo legate al tono usato nello scambio di opinioni – in tal caso non era necessario attendere il giorno successivo – ma ad un fatto determinato. De Tilla ha contestato la difformità tra il documento licenziato dal gruppo ristretto incaricato di tracciare le “linee guida” e quello ricevuto dall’Ordine dei giornalisti. Contestazione alla quale Iacopino ha risposto accusandolo di dire il falso, salvo, il giorno successivo, fare marcia indietro e chiedere scusa dopo aver accertato che de Tilla aveva detto la verità.
Legittimo, certo, da parte del Consiglio nazionale dell’Ordine, esprimere il proprio giudizio sull’iniziativa della Fnsi, ma Paissan non smentisce, né entra nel merito della gravissima affermazione di Enzo Iacopino a commento del documento sulla riforma approvato dalla Giunta Esecutiva, ovvero: “E’ una volgarità, è un tentativo mafioso, tentativo d’intimidazione nei riguardi del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti”. Fa più scandalo la libera opinione espressa dalla Fnsi o la risposta di chi ha il dovere e l’obbligo di vigilare sugli aspetti etici e deontologici della professione?
Paissan sbaglia ad attribuirci la colpa di «riproporre il vecchio, ritrito schema della contrapposizione tra un presunto “uomo solo al comando” – con tutto evidenza Iacopino – e tutti gli altri». Semplicemente perché non l’abbiamo mai scritto e non avremmo potuto farlo perché – ma Paissan lo sa meglio di noi – i “numeri”, ormai da tempo, parlano chiaro su chi è “maggioranza” e chi dice di esserlo e sul come e perché l’attuale maggioranza naviga a vista.
Su due cose, comunque, siamo pienamente d’accordo con Enrico Paissan. La prima è che il Consiglio nazionale tutto – o meglio la stragrande maggioranza di esso – ha sempre e comunque difeso i pubblicisti, ma l’abbiamo sempre detto pubblicando finanche l’elenco degli 80 consiglieri che avevano sottoscritto il famoso documento contrario alla riforma proposta dal Comitato ristretto della Camera dei deputati. La seconda è che “è compito di tutti quanti hanno a cuore l’autonomia della nostra professione mettere in campo le risorse e le intelligenze adeguate a garantire la rinnovata continuità di una presenza tanto importante per la tutela dei cittadini”.
Appunto, caro Paissan, nel rispetto delle regole, dei ruoli e del linguaggio che la professione giornalistica, ma soprattutto la buona educazione, impongono. (c.p.)

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