Ho notato che l'ultimo
libro del Presidente Napolitano, edito da Rizzoli, “Una e indivisibile”, riecheggia
nel titolo la dichiarazione del cosentino abate Fr. Saverio Salfi che, nel
1831, giurò nella sua casa a Parigi, dov'era
in esilio volontario, insieme ai membri del comitato rivoluzionario da lui
stesso organizzato, tra cui Filippo Buonarroti (Pisa 1761-Parigi 1837),
che l'Italia sarebbe stata "una e
indivisibile dalle Alpi al mare".
I rivoluzionari
stabilirono di trovarsi a Lione per recare aiuti e unirsi ai liberali
italiani, ma la loro spedizione fu scoperta ed
impedita dal governo francese che, pur avendo accolto gli esuli, era
timoroso e distante.
Salfi (1759-1832) è un
intellettuale di spicco della cultura di quel tempo, giacobino, docente, polemista,
autore di numerose opere tra cui: Ristretto della Storia della Letteratura
italiana dalle origini al primo Ottocento. La sua memoria appare forse un po’ obliata
nell'anniversario del 150° anno, nonostante abbia vissuto l'alba del
Risorgimento con accesa fede patriottica.
Questi alcuni suoi
versi per l'Italia pubblicati sul giornale lombardo "Termometro
politico":
No, non muore chi cade sul campo,/ e cadendo minaccia la
morte;/No, non muore, trionfa da forte/ e immortale tra i Numi vivrà.
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